Il sogno di comprare una casa non è più un’esclusiva degli italiani, più o meno benestanti che siano. Oggi, gli immigrati, tra le tante aspettative ed aspirazioni, coltivano anche quella di acquistare una casa nella città dove vivono e dove hanno deciso di far crescere i loro figli. Insomma, gli stranieri residenti in città entrano prepotentemente nel mondo delle compravendite immobiliari e, non deve sorprendere, se oggi, quasi 10 nuovi proprietari su 100, sotto le Due Torri, parlano un’altra lingua, sono perfettamente integrati e, “dulcis in fundo”, hanno un lavoro dignitoso che permette loro di pagare la rata del mutuo. E’ la fotografia che emerge da un’indagine di Confabitare – associazione proprietari immobiliari – che disegna un quadro positivo e sempre più “multietnico” del mercato immobiliare cittadino.

Bologna, spicca tra le province italiane, come una delle più “gettonate” dalla popolazione straniera: la percentuale di immigrati nel territorio comunale si attesta intorno al 7,52% e nel periodo Gennaio 2011– Dicembre 2011, le compravendite effettuate da famiglie straniere hanno costituito l’8,7% del totale delle transazioni concluse nel Comune di Bologna; il dato sale al 10,5% se si prende in considerazione l’intera provincia. Si tratta, comunque, di un fenomeno in continuo movimento con una crescita del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2010 nel Comune di Bologna e del 2% in provincia.

“E’ un fenomeno sociale che non può più essere ignorato – afferma perentorio Alberto Zanni, presidente di Confabitare – Gli stranieri che riescono a comprare casa sono in continuo aumento e le motivazioni sono tante. A spingere gli immigrati in regola e con un lavoro sicuro e remunerato ad acquistare casa sono diversi fattori” – spiega Zanni. “Innanzitutto, senza nascondersi dietro a false demagogie, permane un atteggiamento di resistenza ed ostracismo degli italiani nei confronti degli stranieri, quando si deve affittare o vendere casa. Inoltre, nel desiderio di acquistare casa, influisce anche un fattore psicologico che tradisce il desiderio di radicarsi, in modo sempre più forte, alla città in cui si abita e in cui si è scelto di offrire un futuro migliore ai propri figli”. “Di contralto – conclude Zanni – c’è anche da segnalare un fenomeno piuttosto curioso: gli stessi stranieri che, magari, sono riusciti a comprare una seconda casa, quando decidono di darla in affitto preferiscono come inquilini gli italiani a connazionali o ad altri stranieri”.

Indiani, pakistani e bengalesi si dimostrano i più sensibili al richiamo dell’investimento nel “mattone”. Dall’indagine di Confabitare risulta, infatti, che di quell’8,7% delle compravendite effettuate da famiglie straniere, il 46% degli immigrati che acquistano casa sotto le Due Torri sono indiani, pakistani e bengalesi. Se rapportiamo il dato con il totale delle transazioni su Bologna, emerge un aspetto interessante: ovvero che, il 4% delle compravendite nel capoluogo emiliano, compresi italiani e stranieri, è attribuibile a queste tre nazionalità. Nazionalità che risultano essere particolarmente presenti anche nel settore del commercio: secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Immobiliare di Confabitare, i pakistani hanno avviato fino ad oggi ben 224 attività, perlopiù di generi alimentari e bigiotteria, borse e accessori; ebbene, in almeno 82 casi gli stessi gestori pakistani sono anche proprietari immobiliari delle mura dei negozi. Insomma, se, come vedremo in seguito, i cinesi che hanno disponibilità di denaro preferiscono investire nella prima casa, i pakistani, invece, hanno la tendenza a comperare le mura della loro attività commerciale quotidiana. Ancora diversa, invece, la situazione che si delinea per indiani e bengalesi, che, pur avendo avviato alcune decine di attività commerciali sotto le Due Torri, risultano sempre in affitto e nessuno di loro è proprietario del negozio che gestisce. Seguono i romeni e gli albanesi che, da soli, coprono il 31% delle compravendite immobiliari con protagonisti immigrati, il 2,69% delle transazioni totali. Romeni ed albanesi dimostrano di essersi radicati molto stabilmente nella nostra città con attività commerciali anche in proprietà: dei 234 romeni che gestiscono negozi, almeno 25 di loro sono proprietari dell’immobile, mentre dei 185 negozi di cui risultano titolari gli albanesi, 38 sono in proprietà.

Fanalino di coda sono i marocchini che coprono soltanto il 3% delle compravendite fra stranieri a Bologna. I nordafricani, infatti, pur essendo la comunità più numerosa in provincia (11915), è quella che si ritrova con somme meno consistenti di denaro per potere acquistare casa. Un aspetto che contraddistingue la comunità marocchina è l’acquisto, invece, delle attività commerciali (ristoranti, negozi di accessori e bigiotteria ed imprese di pulizia): a Bologna ce ne sono 262, di cui 85 in proprietà, ovvero il 32,44%. Abitudine frequente per la grande maggioranza di proprietari di negozi ed attività, è la tendenza ad adibire il retrobottega a piccola abitazione, dove, molto spesso, convive un nucleo familiare.

Un capitolo a parte merita la fotografia della comunità cinese che, sotto le Due Torri, conta 1950 persone, di cui il 61% abita nel quartiere Navile, mentre seguono a ruota San Donato e San Vitale. La presenza più massiccia di cinesi, però, è concentrata in zona Bolognina, dove vive il 45% della popolazione residente in città, seguita a distanza da Corticella. Emerge chiaramente per la comunità cinese, l’idea di radicarsi e la volontà di ricostruire il tessuto di una vera e propria “Chinatown” sotto le Due Torri. Un dato su tutti, però, è piuttosto eloquente ed è in grado di delineare un quadro chiaro e preciso: il 20% delle compravendite immobiliari fra immigrati a Bologna è coperto da cinesi che, da soli, arrivano a riempire l’1,74% delle compravendite totali. Tradotto vuol dire che, quasi due cinesi su dieci vive in una casa di proprietà.

La comunità cinese è, senza dubbio, quella che investe maggiormente nel “mattone” in città: l’aspetto curioso, però, è che i cinesi non acquistano soltanto case ed appartamenti ad uso abitativo, ma, avendone la possibilità, preferiscono diventare proprietari anche delle attività commerciali che gestiscono, siano essi ristoranti, take-away o negozi di abbigliamento. Dai dati dell’Osservatorio, emerge, infatti, che su 429 attività presenti in città, ben 282 ovvero il 10,42% sono in proprietà. Insomma, i cinesi non si limitano a prendere una residenza o un domicilio, fanno molto di più: tendono a radicarsi e a mettere radici profonde nel territorio in cui abitano, preferendo acquistare in proprietà case, negozi e ristoranti in cui poi lavorano e impiegano familiari e amici connazionali.

Una considerazione a parte merita anche la comunità filippina che sotto le Due Torri resta, comunque, la più numerosa: in città se ne contano 3300, di cui oltre un quinto abita nel quartiere Santo Stefano, mentre gli altri sarebbero distribuiti tra Navile, Saragozza e Toscana; alta la concentrazione di filippini anche nelle aree del centro storico. Un modello insediativo che la dice lunga anche su un fenomeno sociale e cioè che, di preferenza i filippini scelgono di abitare laddove è prevalente la richiesta di servizi domestici e di assistenza rivolti alle famiglie in condizioni più agiate. Molto spesso, i filippini risiedono proprio nelle case delle stesse famiglie che offrono loro un posto di lavoro stabile. L’unico dato di cui siamo in possesso, ci dice che su 28 attività di imprese di pulizie e servizi gestite da cittadini filippini, nessuna risulta in proprietà. Poche anche le case tra Bologna e la provincia, di cui risultano proprietari. Fattori che se sommati insieme, spingono ad una valutazione generale sulla comunità filippina che, al contrario ad esempio di quella cinese, non sente l’esigenza di radicarsi nel nostro territorio, limitandosi, invece, ad accumulare denaro lavorando, ma senza perdere mai di vista il sogno di ritornare nel proprio paese d’origine.