26milioni di cittadini hanno detto NO alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, e la manovra economica votata dal Governo, spingendo gli enti locali verso la loro privatizzazione, stravolge l’esito dei referendum. Il 59,94% dei cittadini di Sassuolo ha votato al referendum e il 94,34% di essi ha detto NO alla privatizzazione, e l’amministrazione delibera la vendita di un primo pacchetto di quote Hera esercitando il proprio diritto di recessione, così come Palagano, nonostante il 56,78% di affluenza alle urne e il 93,21% di cittadini contrari alla privatizzazione.

Nel caso di Sassuolo si tratta di una perfetta corrispondenza tra indicazioni di Governo e Giunta locale indotta dall’affinità politica; nel caso di Palagano, trattandosi di una Lista Civica, l’affinità è di più difficile attribuzione. Temiamo comunque sorprese anche in altri Comuni, di ben altro colore.

Gli art. 4 e 5 della manovra economica costituiscono una chiara violazione della Costituzione, poiché il popolo italiano si è pronunciato contro l’affidamento al mercato di tutti i servizi pubblici locali previsti dal Decreto Ronchi (acqua, trasporti e rifiuti), e tale pronunciamento è vincolante per almeno cinque anni, come affermato dalla giurisprudenza costante della Corte Costituzionale. Non è un caso che il Consiglio Direttivo dell’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni, abbia annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale.

Ma nel portare il suo ennesimo attacco al «pubblico», la manovra va oltre: non solo prevede che “le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali siano assoggettate al patto di stabilità interno”, impedendone di fatto la capacità di realizzare investimenti, ma mette a disposizione 500milioni di euro in 2 anni a favore di quegli enti locali che provvederanno “alla dismissione di partecipazioni azionarie in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica”.

Una strategia vergognosa, che tradisce il pronunciamento referendario, e che spinge i Comuni a scelte ragionieristiche anziché politiche, come invece la crisi imporrebbe. Così, in perfetta sintonia con il Governo Berlusconi, le amministrazioni si appelleranno al proprio senso di responsabilità verso il mantenimento dello stato sociale per giustificare la scelta di rinunciare via via ad un patrimonio di cui non potranno mai più riappropriarsi.

Poco importa se le quote in vendita a Sassuolo e Palagano siano fuori Patto di Sindacato e non intacchino il 51% del capitale pubblico di Hera. La loro vendita (perdipiù sottocosto) è una sottrazione patrimoniale rispetto a ciò che dovrebbe essere tutelato come Bene Comune (ovvero la gestione dei servizi pubblici locali), in cambio di un beneficio che si volatilizzerà in un arco di tempo brevissimo, e che lascerà dietro di sé il segno permanente di una privazione inflitta alle generazioni future, senza alcuna possibilità di riscatto.

In questo senso, crediamo che l’iniziativa di ieri in Consiglio a Modena, che celebrava la storia delle municipalizzate locali e la loro evoluzione, sia di sufficiente esempio per tutti.

Abbiamo sentito un politico locale di lungo corso chiedersi se la crisi vada affrontata a partire dai numeri o dalla politica. Ci permettiamo di sciogliere questo dubbio: la crisi va affrontata a partire dalla politica, con scelte coraggiose che tutelino ciò che la politica si trova ad amministrare, ma su cui non ha titolo di proprietà. Solo se capiremo la vera natura dei Beni Comuni potremo fare scelte coerenti. In caso contrario verranno fatte scelte profondamente sbagliate dettate solo dall’urgenza.

Per questa ragione il Comitato Modenese per l’Acqua Pubblica chiede a tutti i Sindaci della Provincia di Modena di rifiutare qualsiasi ipotesi di vendita di quote azionarie delle multiutilities, e invita i cittadini a vigilare nei loro Consigli affinché questo non accada.

(Lidia Castagnoli – Mauro Solmi, Comitato Modenese per l’Acqua Pubblica)