No al modello Fiat, difficile da recepire in una realtà come quella bolognese dove la componente Fiom-Cgil è particolarmente rilevante nel settore metalmeccanico, ma un modello nuovo di relazioni sindacali, con nessuna esclusione delle componenti, impegnato allo stesso tavolo con imprenditori e istituzioni a lavorare per lo sviluppo del territorio, in particolare per cercare sbocchi diversi alla precarietà giovanile. Così Alberto Vacchi, neopresidente industriali bolognesi. “Molti spunti possono essere colti dal modello tedesco – ha spiegato Vacchi nell’illustrare le linee guida del suo mandato – Credo che partendo dal modello regionale, in una logica federalista, sia possibile studiare un modello che tenga conto delle peculiarità del territorio”.

Un modello, ha detto ancora Vacchi – 47 anni, amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di Ima Spa, azienda bolognese leader mondiale nel settore del packaging con un fatturato consolidato di 505 milioni di euro – che potrebbe avere anche ricadute a livello nazionale. L’Ima è tra le aziende bolognesi che hanno mantenuto il contratto di lavoro unitario del 2008.

“Non voglio giudicare negativamente il modello Marchionne nè rinnegare formalmente quanto fatto da Federmeccanica – ha voluto chiarire Vacchi – ma Bologna non è la Fiat, e quello che Ima ha fatto è stato mantenere i diritti della contrattualistica presistente. Credo che a Bologna ci siano le condizioni per un modello condiviso: il rapporto storico con il sindacato ci consente di lavorare in maniera trasparente”.

Tra le sfide in agenda, la crescita delle piccole e medie imprese locali in un contesto dove “la concorrenza non è cinese, ma tedesca”, rimettendo in piedi le filiere produttive “che hanno un pò traballato con la crisi, in modo da poterle presentare come soggetto unico al mondo del credito. Infine la proposta di Bologna come citta’ pilota per nuovi percorsi sull’occupazione giovanile, in linea con quanto sostenuto dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. “E’ indispensabile – conclude Vacchi – studiare forme nuove che riducano drasticamente la disoccupazione giovanile che sta raggiungendo nel nostro paese punte inaccettabili e che stiamo inspiegabilmente trascurando”.