Studi professionali, imprese, strutture ricettive, laboratori artigianali, attività commerciali, nel nostro Appennino, sono oggi costretti a chiudere i battenti o a ridurre il personale.

Negli ultimi anni, l’attenzione rivolta all’Appennino reggiano da parte della Regione Emilia-Romagna è stata praticamente nulla, se non addirittura negativa, in particolare in ambito edilizio. La crisi del settore edilizio, deriva anche dagli appesantimenti burocratici presenti nelle disposizioni regionali in materia antisismica. Gli operatori del settore lamentano la macchinosità dell’iter procedurale, causa del blocco di costruzioni e ristrutturazioni edilizie. La crisi edilizia, inevitabilmente, si ripercuote nei settori produttivi, commerciali, artigianali, turistici e nel terziario.

Sarebbe interessante sapere se la Regione Emilia-Romagna, dopo i numerosi proclami del suo Presidente, anche nella nostra montagna, intenda realmente incentivare lo sviluppo. I montanari chiedono semplicemente che vengano onorate le promesse fatte in campagna elettorale.

Occorrono aiuti per incentivare il turismo, sviluppare il sistema produttivo locale, favorire la crescita edilizia, promuovere il commercio, il turismo e il settore artigiano.

La Regione Emilia-Romagna ha l’obbligo di sburocratizzare il sistema. Occorre un impegno comune per rilanciare un settore vitale per l’economia reggiana, il Pdl tende la mano.

Le soluzioni ci sono, diverse sono le ipotesi, la prima potrebbe essere quella di demandare le competenze della verifica tecnica e autorizzativa delle pratiche sismiche agli enti locali (ai comuni o alla comunità montana) o ad un organo formato da professionisti (tale soluzione sarebbe gradita anche ai tecnici del Genio Civile oberati di pratiche che non riescono ad evadere in una tempistica congrua). In alternativa si potrebbe, come da disposizione di legge, ritrasferire la responsabilità ai tecnici progettisti, che in ogni caso restano gli unici responsabili.

(Fabio Filippi)