Renzo_PianoLo studio dell’architetto come una bottega, dove persone, strumenti e materiali rivestono la medesima importanza delle idee. Perchè “fare è pensare”. Questo, in estrema sintesi, significa per Renzo Piano “Fare architettura”, il convegno organizzato in occasione di Cersaie 2009. Un evento caratterizzato da una enorme partecipazione di giornalisti internazionali, durante la conferenza stampa preludio della Lectio Magistralis delle ore 11.00, che ha visto presso il Palazzo dei Congressi una affluenza di pubblico oltre ogni aspettativa.

La rilevate partecipazione è stata tale che l’intera capienza del Palazzo dei Congressi non è stata in grado di accogliere tutti gli intervenuti, nonostante fossero stati predisposti tutti i locali del struttura; e nonostante oltre a questo, fosse stato organizzato in Fiera, presso la Galleria dell’Architettura e l’Ufficio Stampa, la trasmissione televisiva a circuito chiuso dell’evento. Per motivi di sicurezza è stato imposto di bloccare l’ingresso del pubblico e tutta l’organizzazione di Cersaie è sinceramente dispiaciuta che non sia stato possibile accogliere all’interno della struttura tutti gli intervenuti. Un vivo ringraziamento deve essere tributato alle forze dell’ordine per la loro professionalità ed il loro impegno. Con l’obiettivo di consentire anche a coloro che non hanno potuto assistere alla Lectio Magistralis, nei prossimi giorni sul sito www.cersaie.it verranno riportate immagini dell’evento stesso.

 

“L’architettura è il mestiere del fare, che significa anche rischiare”, ha detto Aldo Colonetti, introducendo la Lectio Magistralis, dopo che il Presidente di Confindustria Ceramica Franco Manfredini ha sottolineato che “questa per Cersaie e per la città di Bologna è un evento di portata straordinaria”.

Ai giovani che studiano architettura Piano suggerisce di vivere, viaggiare, osservare. L’architettura è un mestiere “corsaro”, ha ripetuto più volte il celebre architetto genovese, un mestiere pericoloso, per chi lo fa, ma che offre l’opportunità di entrare in contatto con mondi, persone, situazioni differenti. Un mestiere di arte e di avventura, dove coesistono più piani: quello tecnologico, quello umanistico – perchè gli edifici sono pensati e realizzati per le persone -, quello più poetico e immaginifico. Quando l’architettura risponde tanto ai bisogni pratici che alle aspettative e ai desideri allora diventa straordinaria. Perchè un edificio non risponde soltanto a criteri tecnici o tecnologici, ma comunque celebra aspirazioni e desideri. Attraverso le immagini di diverse opere realizzate nel corso degli anni Piano ha esposto la sua idea di architettura, che sembra fondersi in una concezione stessa della vita.

Per “Fare architettura”, ha spiegato Piano, si può partire da una visione, e poi passare alla costruzione, o vice versa. “Io sono cresciuto nei cantieri di mio padre che era un costruttore – ha raccontato Piano, “ e il miracolo del costruire ti rimane addosso”. Queste sono le mie radici – ha continuato l’architetto – soffermandosi poi sull’importanza dell’ascolto. Un continuo dialogo non solo tra gli uomini che partecipano ai diversi progetti, ma anche con le diverse arti e discipline progettuali. Imparando dalle abilità altrui e dalle altre discipline, saperi e competenza. Senza rinchiudersi in una visione autoreferenziale dell’architettura: per Piano l’abilità artigianale ha quindi lo stesso valore della scienza.

Fare architettura significa anche comprendere che ogni ipotesi creativa deve migliorare, trasformare, descrivere il mondo grazie agli strumenti e alle soluzioni pratiche che rendono possibile la realizzazione concreta di un’idea. A partire, per esempio, dall’osservazione dei luoghi e della natura vedranno sorgere un’opera. Per scoprire, per esempio, come certe geografie, e determinate topografie, o materiali preesistenti contengano già in germe caratteri architettonici ben definiti.

Fondamentale, quindi, non soltanto il gusto per l’osservazione della realtà, ma anche la curiosità: verso gli uomini e il loro modo di vivere. Per esempio nelle città. Per Piano la città è il luogo degli scambi e degli stimoli cerativi. Dove tutto accade. La città è il risultato di diverse stratificazioni nel corso del tempo, ognuna delle quali deve valorizzare il livello precedente. Nella città si esprime l’idea di apertura e di tolleranza. La stessa che deriva dalle esperienze di vita di Piano. “ Laureato poco prima del ’68. Un’epoca di grandi aneliti”. Che si ritrovano nella sua stessa idea di architettura e in opere come il Beaubourg. Un luogo che, per la prima volta, diventa un luogo accessibile, una fabbrica, in aperta polemica con chi lo voleva centro culturale che intimidiva i potenziali fruitori.

Con Beaubourg sacro e profano si mischiano. Il museo si trasforma in un pezzo di città, esso stesso un pezzo da collezione. L’architettura è creazione e arte, ma è soprattutto capacità di trasformare il mondo, creare linguaggi. A partire dalle esigenze contingenti. Che oggi sono quelle che partono dalla consapevolezza che “la Terra è fragile” e che è doveroso costruire degli edifici partendo da questo assunto. Cercando quanto più possibile di utilizzare anche materiali in grado di rispettare gli equilibri ambientali. Tra questi la ceramica merita senza dubbio una menzione. Come ha sottolineato Piano, si tratta di una materiale ricco di suggestioni: “è antico, viene dalla terra e torna alla terra, ma soprattutto presenta caratteristiche quali la resistenza, la durata, le infinite possibilità cromatiche, la capacità di riflettere la luce, rendendola funzionalmente perfetta e straordinaria in diverse situazioni”. Tra queste Piano ha illustrato il grattacielo dove ha sede il New York Times, nel quale sono state utilizzate elementi in ceramica bianca per utilizzare al meglio la luce e i raggi solari. La sfida è quella di realizzare edifici che siano sempre meno “violenti”dal lato delle esigenze energetiche, e che siano in grado di realizzare economie nell’utilizzo delle fonti.

Senza però perdere il contatto con l’uomo e le sue esigenze. L’architetto è quindi anche un po’ antropologo, scienziato, e corsaro. Come ha ripetuto Piano, raccontando che la costruzione di un edificio è “come attraversare il far west”: pericoli e situazioni impreviste sono sempre in agguato, ma il risultato finale è tanto più grande se oltre a costruire qualcosa di utile si può cambiare il mondo.

Un incontro, quello tra Cersaie e Renzo Piano, tra Confindustria Ceramica e la Fondazione Piano, che si realizza concretamente in accordo per il sostegno ai giovani architetti e che durerà tre anni.