Dal 21 al 27 giugno siamo stati nella tendopoli di Coppito (frazione de l’Aquila) gestita da CGIL e AUSER nazionali dove abbiamo collaborato allo svolgimento dei servizi di mensa, pulizia dei servizi igienici, controllo degli accessi, ordinaria e spicciola manutenzione, organizzazione della vita nel campo.
Il gruppo di volontari era composto da 4 rappresentanti dello SPI-CGIL dell’Emilia Romagna (fra cui i sottoscritti), 2 volontari dello SPI della Campania e 8 rappresentanti dell’AUSER di Lecco. In tutto erano presenti una ventina di volontari, tra studenti universitari e cittadini del luogo, alcuni dei quali, assieme ai volontari CGIL e SPI curavano il coordinamento delle varie attività (turni, rapporti con l’esterno, ecc.).
Nel campo sono ospitati decine di persone di Coppito e centri limitrofi: anziani e famiglie la cui abitazione è inagibile, altri che aspettano l’autorizzazione a rientrare in casa, persone (anziani e donne con bambini piccoli) che, pur potendo rientrare in casa, vivono ancora nel terrore e hanno scelto di dormire in tenda. Alla mensa organizzata nel campo accedono, sia a mezzogiorno che alla sera, diverse decine di cittadini chenon vivono nel campo: studenti dell’Università dell’Aquila, lavoratori che operano nei dintorni, militari e agenti di Pubblica Sicurezza. Il campo è organizzato con un asilo-scuola materna frequentato da bambini che ci vivono o che vengono portati dall’esterno. C’è una biblioteca con parecchivolumi e alcune postazioni internet, c’è anche una ludoteca in cui si organizzano i giochi dei bambini.
Sono poi presenti e svolgono il loro servizio il centro fiscale Caaf, il patronato Inca e, in alcune giornate della settimana, alcune categorie sindacali della CGIL.
Il campo si trova all’interno di un magnifico parco privato, espropriato a suo tempo dal Comune di Coppito e messo a disposizione, oggi, per realizzare la tendopoli. Il campo è situato nel centro del paese, la sua parte più vecchia che oggi è praticamente abbandonata: molte case sono distrutte, la quasi totalità delle abitazioni è seriamente danneggiata, perfino alcuni edifici abbastanza nuovi o ristrutturati di recente che, ad una prima vista superficiale, appaiono intatti.
Cittadini locali, a parte quelli che vivono nel campo, se ne vedono pochi: qualcuno di sera al bar (l’unico locale pubblico aperto nelle vicinanze) dove si mescolano a VVFF, militari e volontari che si radunano lì dopo cena. Parlando con alcuni ospiti del campo e con alcuni cittadini nel corso di occasionali incontri abbiamo potuto rilevare uno stato d’animo piuttosto esasperato.
Intanto c’è ancora molta paura: la terra continua a tremare e molti sostengono che l’entità delle scosse è, in realtà, superiore a quello che ufficialmente si fa credere. Piuttosto forte è stata quella di lunedì 22 giugno verso le ore 23. La paura è stata, naturalmente, generale ma è stato davvero impressionante vedere in un attimo tanta gente scappare dalle tende e riversarsi nell’ area aperta del campo. C’è consapevolezza che i tempi della eventuale ricostruzione saranno lunghi e le condizioni della stessa non sono ancora ben chiare, quindi è forte la preoccupazione per le prospettive immediate: ci si chiede cosa succederà quando, al massimo a fine agosto, si dovranno abbandonare le tende (qui la notte fa già freddo adesso, noi dormivamo con due coperte e accendevamo una stufetta in tenda). C’è generale diffidenza verso le promesse e le assicurazioni che il Governo e molti suoi rappresentanti diffondono ed è diffusa l’irritazione per la disinformazione che, sulla situazione reale hanno fatto e continuano a fare TV e molti organi di stampa.
Ancora oggi sono almeno 22/23 mila le persone che dormono in tenda e oltre 40 mila quelle ospitate negli alberghi sulla costa, la preparazione degli spazi per prefabbricati e casette di legno va molto a rilento così comeritardano le pratiche per l’autorizzazione al rientro nelle case (dove è possibile). Molto diffusa è la sfiducia sulla consistenza e sui criteri di assegnazione delle risorse che dovranno essere messe a disposizione: pochi dicono aspettiamo e speriamo. . .
Nel campo in cui abbiamo operato abbiamo rilevato, naturalmente tenuto conto della situazione, un clima di buona “vivibilità”: l’ambiente consente ampi spazi e zone verdi praticabili, l’assenza di rigidi controlli e unasufficiente libertà di movimento permettono il crearsi di un clima di convivenza amichevole, di collaborazione, di comprensione reciproca tra gli ospiti e i volontari. Da quanto ci è stato raccontato e dall’impressione ricevuta da una visita fatta a un campo gestito dalla CRI non ci risulta che questo avvenga in altre tendopoli.
I danni materiali provocati dal terremoto, le condizioni morali oltre che fisiche di tante persone, le dimensioni della tragedia umana e sociale che ha colpito queste zone richiedono che il “ problema Abruzzo” sia davvero assunto come problema nazionale, al di là della propaganda, delle promesse vaghe e strumentali del Presidente del Consiglio, dei Ministri, di alcuni che qui stanno operando. Un problema nazionale perché il rischio è che si ripetano vicende già vissute in Italia quali quella del Belice e altre. Le risorse che serviranno per la ricostruzione (là dove questa sarà possibile) saranno sicuramente ingenti e l’impegno dovrà prolungarsi per anni, molti di più, crediamo, di quelli che qualcuno sta pronosticando.
Occorre quindi, per quanto ci riguarda come CGIL e come movimento sindacale, riprendere con forza la campagna di solidarietà e sottoscrizione che abbiamo lanciato nelle scorse settimane.