Trasmettiamo il testo di una lettera aperta di Stefano Bonaccini a Massimo Mezzetti.


“Caro Massimo

Mi rivolgo non solo a te ma a tutti i compagni che, in questi mesi di dibattito sulla costruzione del Partito democratico, non hanno nascosto i loro dubbi, le loro perplessità ma anche le loro paure – legittime – su un processo dall’esito necessariamente non scontato. Una parte di loro, e sono la maggioranza, hanno scelto di restare e di condividere il nostro percorso, pur combattuti tra il desiderio di impegnarsi nell’impresa del Pd e il timore, comprensibile, di affrontare le incognite che sempre accompagnano una grande avventura. Altri, come te, hanno già deciso, e in modo irrevocabile, di lasciare il partito e seguire un’altra strada.
Considero la tua scelta, pur rispettandola, profondamente sbagliata, e faremo di tutto nei prossimi mesi, assieme ai tantissimi che ci accompagneranno nella costruzione del nuovo partito, per dimostrare che il Partito democratico, prima che a noi, serve al Paese, per renderlo più moderno e più giusto, per ridargli speranza e fiducia nel futuro. E per fare questo è indispensabile costruire una grande forza a vocazione maggioritaria che sappia raccogliere il 30-40 per cento dei consensi, così come avviene negli altri paesi europei dove la sinistra è al governo. E non è un caso che a Firenze i rappresentanti dei partiti progressisti di oltre 80 paesi, dal Partito democratico americano al partito del Congresso indiano, dalla Socialdemocrazia tedesca ai socialisti europei, siano venuti a dirci di andare avanti, di continuare nel nostro cammino, per il bene dell’Italia innanzitutto, ma anche per aprire una nuova prospettiva alle forze di progresso di tutto il mondo.
Anche tu avevi sempre sostenuto la necessità del Partito democratico e con te abbiamo discusso a lungo non tanto se ma come costruirlo, in quali modi, con quali tempi, con quali contenuti. Certo, questioni non marginali ma che, ne sono convinto, avrebbero potuto arricchire il confronto nei prossimi mesi e rendere ancora più solido il processo costituente che nelle nostre intenzioni sarà aperto a tutti coloro che vorranno partecipare, al di là dei Ds e della Margherita. I compagni che, votando la mozione Angius, hanno voluto sottolineare l’esigenza di introdurre correzioni e integrazioni al percorso fin qui condotto – proposte in buona parte condivisibili – potranno far valere le loro proposte nel cantiere del Pd. Senza per questo arrivare a lacerazioni che da sempre, da quando esiste la sinistra, aggravano i problemi anziché risolverli.
Di una cosa sono certo: tra le tante eredità del ‘900 di cui disfarsi in questo nuovo secolo c’è anche l’idea che separarsi sia il modo giusto per risolvere i problemi. Unità e coesione. E’ quello che chiedono tante compagne e compagni che pure hanno votato per Mussi e per Angius ma che non vogliono nuove divisioni e hanno a cuore prima di tutto l’unità nostra e del centrosinistra. So bene che di fronte a sfide impegnative scatta istintivo uno spirito di autoconservazione, tanto più intenso quando evoca sentimenti forti e passioni radicate. Ma non illudiamoci che stare fermi, rifugiarsi nell’identità, coltivare le nostalgie della memoria, sia sufficiente per esercitare il ruolo politico a cui la sinistra aspira. E francamente non vedo grandi prospettive per variegati schieramenti che vogliano tenere insieme Turci, Angius, Bertinotti e De Michelis.
Chi fa politica ha il dovere di essere sempre in cammino. Della storia non si può essere prigionieri, la storia la si scrive governando il presente e progettando il futuro. Per questo sbagli, caro Massimo, a recidere i legami con il partito e a lasciare la nave proprio quando molla gli ormeggi e salpa verso il futuro.

Con immutata stima
Stefano Bonaccini”