Agli italiani il caffè espresso del bar piace sempre meno. Colpa della qualità troppo spesso scadente delle miscele, ritenute non più all’altezza della tradizione italiana.
Dal 1990 a oggi, infatti, i consumi di caffè nei bar italiani – stando ai dati di una ricerca Nielsen diffusi nel corso del convegno ‘I debiti del bar’, organizzato a Milano – sono diminuiti del 20%, dell’11% soltanto negli ultimi due anni.
Secondo gli analisti, le ragioni del peggioramento qualitativo del caffè servito al bancone stanno nel consumo sempre maggiore di caffè vietnamita, considerato scadente, ma il cui utilizzo è aumentato del 30%, e il fatto che la qualità dell’offerta dei bar sia fortemente condizionata dai finanziamenti e dalle attrezzature concesse in uso dai torrefattori.
Il dato sul crollo dei consumi suona come un campanello d’allarme per un settore in cui operano circa 700 aziende medio-piccole e che annovera 240 mila esercizi pubblici capaci di servire, secondo i dati forniti al convegno, qualcosa come 14 miliardi di tazzine di caffè. Il giro d’affari complessivo del caffè, in Italia, è di 800 milioni di euro per i torrefattori e di 5.600 milioni di euro per il pubblico esercizio in generale. Queste cifre corrispondono oggi al 31% del fatturato e al 34% dell’utile degli esercizi pubblici.
Nel 1990, secondo la Nielsen, il caffè rappresentava invece il 50% del giro d’affari dei bar: il calo, dunque, è di un netto 20%.