I resti di una necropoli tardoromana, databili tra la fine del III e gli inizi del V secolo d.C., sono stati rinvenuti a Fossalta, nell’area immediatamente a ridosso della via Emilia, durante i lavori di ampliamento della ditta di onoranze funebri Cofim.

Gli accertamenti preliminari, condotti tra il novembre scorso e il marzo di quest’anno, hanno portato alla luce una ventina di sepolture ad inumazione e due incinerazioni, conservate al di sotto di un potente strato alluvionale. Sono state recuperate anche numerose monete in bronzo, in prevalenza di età costantiniana, vetri, ceramiche, strumenti metallici e in osso lavorato. Il sito, che ricade nella fascia di rispetto definita dal nuovo Piano regolatore del Comune, elaborato su indicazione del Museo civico archeologico, si colloca sul fronte meridionale dell’antico percorso della strada consolare Aemilia, in prossimità del bacino idrografico del Panaro, dove sorgeva l’insediamento Mutatio ad Victoriolas, citato in uno dei principali itinerari romani. Accordi tra la Cofim e la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna hanno consentito il recupero delle strutture attraverso uno scavo stratigrafico diretto da Nicoletta Giordani, funzionario della Soprintendenza, e coordinato da Xabier Gonzales Muro, dottore di ricerca in topografia antica dell’Università di Bologna. Le tipologie tombali documentate sono a incinerazione in fossa nella fase più antica e a inumazione a fossa terranea ed in cassa laterizia in quella più recente. Fra le coperture delle tombe vanno segnalati alcuni reperti di un certo rilievo, in particolare riferibili a monumenti funerari romani del tipo a dado con decorazioni scultoree che richiamano la carriera militare (scudo rotondo e gladio appesi). Attributi simili sono presenti nel sepolcro rinvenuto a Saliceto Panaro, nella necropoli orientale di Mutina, i cui elementi sono conservati al Museo Lapidario Estense. A Bologna, nel Laboratorio della Soprintendenza, è attualmente in corso il restauro dei reperti rinvenuti a Fossalta. Oltre allo studio dei resti archeologici è stato avviato anche quello dei resti antropologici (in collaborazione con Salvatore Luberto dell’Istituto di medicina legale del Policlinico di Modena), paleobotanici e microbiologici (rispettivamente in collaborazione con Marco Marchesini dell’Istituto di Botanica della facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e con Elisabetta Guerzoni, direttrice del Dipartimento di Microbiologia alimentare dell’Ateneo bolognese).