Continua la “guerra del grano”, gravata da prezzi di listino stracciati che non lasciano margini ai produttori e li costringono, da almeno tre anni, a coltivare con quotazioni che sono spesso inferiori ai costi di produzione; una battaglia che adesso coinvolge tutti i produttori di materie prime agricole, preoccupati per l’istituzione di un nuovo sistema di rilevazione dei prezzi. «I produttori di seminativi chiedono un sistema di rilevazione che garantisca prezzi congrui. Esprimiamo serie perplessità in merito all’istituzione delle Commissioni Uniche Nazionali, le quali rischierebbero solo di aumentare il divario con il reale mercato del prodotto senza peraltro valorizzare in alcun modo le peculiarità territoriali», lancia l’allarme Confagricoltura Emilia Romagna.

Il mondo della produzione rivendica altro. «Occorre una svolta – incalza l’organizzazione degli imprenditori agricoli –  verso un modello più innovativo, come quello francese, nel quale il prezzo nazionale di riferimento viene fissato attingendo ai dati sui contratti chiusi e sui flussi commerciali intra ed extra UE. Inoltre tale sistema include eventuali premialità locali per merce con particolari caratteristiche».

In sintesi: con un decreto-legge del maggio 2015 e successivi aggiornamenti, si è sancito il passaggio al sistema delle Commissioni Uniche Nazionali per la fissazione dei prezzi di riferimento delle materie prime agricole. Questo sistema prevede tra l’altro la contestuale sospensione delle quotazioni delle borse merci a livello provinciale. Sicuramente il sistema di rilevazione dei prezzi all’interno delle Granarie può e deve essere migliorato, ma Confagricoltura Emilia Romagna invita a riflettere e a seguire l’esempio di paesi come la Francia.

«Nel caso specifico del frumento duro – sottolinea Confagricoltura Emilia Romagna – la CUN non è la soluzione giusta per risolvere la crisi dei prezzi. L’areale del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche), complice anche il clima favorevole, si dimostra sempre più territorio vocato a tale produzione cerealicola. Dall’Emilia-Romagna proviene la maggior parte del frumento duro prodotto nel Nord Italia, con caratteristiche e rese che negli ultimi anni sono andate via via migliorando. Non possiamo permettere che gli sforzi messi in atto dal punto di vista tecnico-agronomico vengano poi sviliti da una valorizzazione non corretta del nostro prodotto».