Oggi gli agricoltori devono vendere ben quattro chili di risone per pagarsi un semplice caffè a causa di speculazioni e degli inganni che colpiscono le risaie e danneggiano i consumatori. Lo denuncia Coldiretti Emilia Romagna in occasione della scadenza dei 180 giorni per l’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’ indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Nell’ultimo anno – sottolinea Coldiretti regionale – mentre il prezzo di un chilo di riso sullo scaffale è rimasto pressoché stabile con una valore medio di circa 3 euro, i prezzi riconosciuti agli agricoltori hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso che vanno dal –58 % per l’Arborio al –57 % per il Carnaroli, dal –41 % per il Roma al –37% per il Vialone Nano.

La situazione è drammatica e mette a rischio il primato nazionale in Europa dove l’Italia – rileva la Coldiretti – è il primo produttore di riso con 1,50 milioni di tonnellate prodotti da 4 mila aziende su un territorio di 234.300 ettari, che copre circa il 50 % dell’intera produzione UE con una gamma varietale del tutto unica. Con 500 mila quintali di riso prodotti su 8 mila ettari per un valore alla produzione di circa 25 milioni di quintali, l’Emilia Romagna – ricorda Coldiretti regionale – è una delle principali regioni italiane produttrici di riso

Sotto accusa per la Coldiretti ci sono i comportamenti delle industrie di trasformazione che approfittano dell’aumento insostenibile della forbice dei prezzi tra produzione e consumo e non si impegnano per sviluppare contratti di filiera con prezzi adeguati che sono l’unico modo per garantire al produttore remunerazioni sopra i costi di produzione e tutelare la risicoltura Made in Italy. Infatti solo una delle quattro grandi riserie italiane, la Gallo – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – ha fatto un piccolo passo avanti verso i contratti di filiera e sta lavorando per valorizzare il nostro riso profumato “Aroma” (che, per intenderci, è il “Basmati” italiano, anche se da noi non può essere usato questo nome).

“L’industria – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, afferma Mauro Tonello – non sta sfruttando nemmeno la possibilità che la nuova legge del mercato italiano ci offre dall’8 dicembre scorso di etichettare con la dicitura “Classico” i risi storici italiani da risotto che permetterebbe al consumatore di distinguere e identificare una offerta qualificata, consentendo ai produttori agricoli di ottenere un giusto reddito”.

Nell’ultimo anno in Italia sono aumentare del 736% le importazioni dalla Birmania raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya costretta a fuggire a causa della violenta repressione. Il risultato – sottolinea la Coldiretti – è che un pacco di riso su quattro venduto in contiene prodotto straniero con l’importazione di riso greggio asiatico che gode del regime particolarmente favorevole praticato nei confronti dei Paesi meno avanzati (accordo EBA, tutto eccetto le armi), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero.

“L’etichettatura d’origine – conclude Tonello – sarà anche una tutela per il consumatore, perché sarà possibile scegliere il riso italiano prevenendo situazioni come quella di Genova dove ieri una donna ha accusato malori dopo aver mangiato riso acquistato in un negozio etnico che, sembra, contenesse plastica”.