Ma cosa c’entra Castelfrigo con le “false cooperative”? Dalla nota stampa diffusa ieri da Castelfrigo srl sembra che c’entri poco o nulla – affermano Filt/Cgil – Flai/Cgil Modena -: “con le cooperative in questione la Castelfrigo non ha nessun rapporto contrattuale” – dice la nota – infatti il “titolare dell’appalto” è un consorzio, il “Consorzio Job Service”, il quale ha prontamente comunicato che “i soci lavoratori sono sempre stati regolarmente pagati” e, in ogni caso – prosegue la nota – “ogni eventuale illecito verso terzi” sarebbe “non solo sconosciuto a Castelfrigo, ma al di fuori di ogni possibilità di controllo e/o verifica”.

Tuttavia Castelfrigo c’entra, eccome. E per svariati motivi, proseguono Filt/Cgil – Flai/Cgil Modena:

1) I soci-lavoratori delle cooperative lavorano tutti all’interno del sito della Castelfrigo.

Gli attuali 127 “finti soci-lavoratori” delle “false cooperative” Ilia D.A. Soc. Coop. e Work Service Soc. Coop. (società cooperative che, insieme alla Framas Soc. Coop. e alla Elios M.G. Soc. Coop., hanno la sede legale presso la villa di campagna di via Tombarello 1 a Valsamoggia di Bologna), non lavorano all’altro capo del mondo, ma lavorano (chi da pochi anni e chi da dieci o più anni) proprio all’interno del sito produttivo della Castelfrigo di Castelnuovo Rangone; si tratta di un appalto “endoaziendale”, cioè eseguito tutto internamente al sito produttivo e in regime di monocommittenza, cioè Castelfrigo è l’unica azienda committente dei lavori da eseguire.

 

2) E’ la Castelfrigo che decide con chi stipulare il contratto di appalto.

Il contratto di appalto è un rapporto contrattuale che prevede anche responsabilità in solido stabilite dalla normativa. In questo caso è stato stipulato proprio tra la Castelfrigo e il Consorzio Job Service, consorzio attorno a cui girano gli stessi personaggi che da svariati anni e con svariate cooperative di manodopera, operano nel sito Castelfrigo secondo modalità che la Cgil sta denunciando come irregolari e illegali almeno dal 2005; molte altre aziende, dove avvengono problemi di questo tipo, decidono di cambiare “l’appaltatore di fatto”, ma Castelfrigo ha continuato e continua a tenere lo stesso.

 

3) E’ la Castelfrigo il beneficiario finale dell’abbassamento del costo del lavoro realizzato dall’appalto.

L’appalto delle attività di lavorazione carni, se “genuino”, è di per sé legale (cioè ammissibile in base alla legislazione italiana), ma irregolare secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell’Industria Alimentare che, all’articolo 4, prevede l’esclusione dagli appalti “dei lavori svolti in azienda direttamente pertinenti le attività di trasformazione”.

L’appalto di Castelfrigo è inoltre “labour intensive”, cioè caratterizzato prevalentamente dall’attività di manodopera e di fatto quantificabile in ore di lavoro. In questo caso l’utilizzo di lavoratori in appalto, invece che di lavoratori dipendenti, consente a Castelfrigo di beneficiare un risparmio pari a circa 10 euro/ora (dall’analisi dei bilanci risulterebbe di circa 25 euro/ora il costo del lavoro di un dipendente Castelfrigo e di circa 15 euro/ora il costo del lavoro di un socio-lavoratore in appalto). Il calcolo porta approssimativamente a un risparmio di 2.160.000 euro/anno (10 euro x 1.800 ore/annue x 120 soci-lavoratori medi), più il recupero IVA per pagamento di “servizi”.

E’ da notare che, comunque, i 15 euro/ora sono inferiori ai costi minimi contrattuali previsti dai Contratti Nazionali e dai minimi di legge calcolati dall’Ispettorato del Lavoro per le attività di “facchinaggio”.

 

4) E’ la Castelfrigo, tramite la “direzione di sito”, ad essere responsabile della sicurezza alimentare sull’intero sito.

Lo Standard Globale per la Sicurezza Alimentare “BRC” prevede la verifica di requisiti fondamentali sulla sicurezza alimentare che riguardano l’intero sito produttivo, e non solo una parte di esso, e non solo una parte di lavoratori; i “finti soci-lavoratori” stanno contestando proprio l’inosservanza delle clausole BRC afferenti in particolare il personale dell’appaltatore.

 

5) E’ la Castelfrigo che ha convocato l’assemblea di sito di tutti i lavoratori, dipendenti e in appalto.

L’assemblea dei lavoratori tenuta dalla Direzione Aziendale della Castelfrigo il 1° ottobre 2016 è ciò che di più plateale c’è stato per dimostrare il legame dei lavoratori degli appalti con la Castelfrigo.  Alludendo ai lavoratori protagonisti delle proteste dei mesi precedenti la proprietà di Castelfrigo era stata molto chiara, come ci risulta dalle affermazioni fatte in quell’assemblea:  “Se queste persone continuano a non capire, non sono obbligate a rimanere qua! C’è la porta aperta e possono uscire!”.

Ed infine, il “nessuno c’entra nulla”, è un racconto che i lavoratori hanno ascoltato già da tempo, da troppo tempo: l’azienda committente (Castelfrigo) non c’entra nulla, perché la cooperativa di manodopera ha “la sua autonomia gestionale e organizzativa”; ma anche le cooperative di manodopera (Ilia D.A. e Work Service) sostengono di non c’entrare nulla, come ripetono ormai da tempo, perché dipendendono completamente dalle lavorazioni che vengono date o tolte dalle Castelfrigo.

No, Castelfrigo non è la vittima di questa vicenda – aggiungono  Filt/Cgil – Flai/Cgil Modena – . Le vittime sono i lavoratori del sito, a partire da quelli sotto procedura di licenziamento, che hanno deciso di protestare per le ingiustizie che stanno sopportando”.

(Filt/Cgil – Flai/Cgil Modena)