La proposta di aprire a Modena un Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) non è ancora stata ufficializzata, ma l’ipotesi di utilizzare la struttura di via Lamarmora, già sede del Cie, è sicuramente al vaglio del ministero degli Interni e della Regione.

Lo ha affermato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli in Consiglio comunale specificando che, proprio nell’eventualità che ciò avvenga, al ministro Minniti e al presidente della Regione Bonaccini, dopo aver ricordato il giudizio negativo espresso sul Cie di Modena, ha ribadito la richiesta di garanzie sia sul rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone (con possibilità di controllo da parte delle istituzioni del territorio) sia sull’impiego di “personale qualificato e adeguatamente formato”, in alcun modo “sottratto ai corpi dello Stato impegnati nella protezione dell’ordine pubblico sul territorio”. Anzi, per il sindaco questi devono essere rafforzati in termini di uomini e di mezzi, “anche alla luce del riconoscimento da parte dello stesso Governo della mancata copertura degli organici”.

Muzzarelli è intervenuto rispondendo a un’interrogazione di Antonio Carpentieri (Pd) che chiedeva appunto conferme sull’ipotesi di apertura a Modena di un Cpr, su quali forze dell’ordine sarebbero state destinate alla struttura e sul ruolo che avrebbe avuto il Comune sul suo funzionamento e sul controllo.

L’interrogazione di Carpentieri partiva, però, dalla richiesta di un giudizio sull’esperienza del Cie a Modena a cui Muzzarelli ha risposto nettamente: “Negativo”. Dopo aver ripercorso la vicenda dell’apertura nel 2002 del Cpt (Centro permanenza temporanea) sulla base della legge Turco–Napolitano del 1998 e della sua trasformazione in Cie (Centro identificazione ed espulsione) con la Bossi-Fini e con le misure di sicurezza del ministro Maroni nel 2009, infatti, il sindaco Muzzarelli ha concluso che la struttura “divenne di fatto un centro di reclusione, con condizioni di vita e di violazione dei diritti umani inaccettabili; la pessima gestione del Centro portò a rivolte ed episodi di violenza, che culminarono con 90 fermi e 70 mila euro di danni e che spinsero il Prefetto a chiuderlo definitivamente nel 2013”.

Con la nuova normativa in materia di protezione internazionale e con l’obiettivo di garantire la effettiva esecuzione dei provvedimenti di espulsione e allontanamento degli stranieri in posizione di soggiorno irregolare (“una presenza costante anche a Modena e spesso, nelle cronache, in relazione alla perpetrazione di reati”, ha osservato il sindaco) i Centri sono stati modificati e si è deciso di ampliarne la rete sul territorio nazionale con “strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni che assicurino l’assoluto rispetto della dignità umana”, il cui controllo è affidato al Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Il periodo massimo in cui le persone possono essere trattenute è stato fissato in 90 giorni, prorogabili di 15, con convalida da parte del giudice di pace, nei casi di particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio.

Muzzarelli ha confermato l’impegno della città per l’accoglienza e l’integrazione di profughi, rifugiati e richiedenti asilo sottolineando che il Comune è “particolarmente interessato ad ampliare le possibilità del loro impiego temporaneo in attività socialmente utili a servizio delle comunità locali” e ha spiegato di comprendere la “necessità di rendere effettivi le espulsioni e i rimpatri e di tutelare maggiormente sia i cittadini italiani che gli immigrati nei confronti della illegalità e della diffusione della microcriminalità, che possono proliferare in mancanza di un governo rigoroso e responsabile dei fenomeni migratori, generando inoltre pesanti e pericolose reazioni xenofobe”. Quindi ha ribadito la richiesta di garanzie nell’eventualità di un’apertura a Modena del Cpr e che il miglioramento delle misure di prevenzione e repressione dei fenomeni illegali riconducibili all’immigrazione straniera “sia accompagnato da un ulteriore impegno, anche finanziario, dal lato dell’accoglienza e dell’integrazione”.

Il sindaco ha concluso sollecitando Governo e Parlamento all’approvazione della legge sullo “ius soli”, come “scelta di cultura e civiltà e come mezzo di integrazione effettiva degli stranieri legalmente residenti in Italia”, per poi chiedere anche una profonda revisione della legge Bossi-Fini” e una svolta delle politiche dell’Unione Europea “in materia di lotta al traffico degli esseri umani, di accoglienza, di difesa comune e di cooperazione allo sviluppo, nonché per nuove politiche economiche, che devono essere rivolte alla piena occupazione e alla giustizia sociale”.

IL DIBATTITO IN CONSIGLIO COMUNALE

L’interrogazione di Antonio Carpentieri (Pd) sull’ipotesi di apertura a Modena di un Centro permanente per il rimpatrio (Cpr), alla quale ha risposto il sindaco Gian Carlo Muzzarelli nella seduta consiliare di oggi, giovedì 12 ottobre, è stata trasformata in interpellanza su richiesta di Adolfo Morandi.

Il consigliere di Forza Italia ha affermato che la risposta del sindaco “non scioglie i dubbi sollevati da un’eventuale collocazione di un Cpr a Modena perché le condizioni che pone al ministro Minniti in realtà sono auspici, non ci sono certezze”. Secondo Morandi i Cpr, “che sembrano riguardare solo chi è già stato oggetto di identificazione e magari anche in galera”, non risolveranno il problema dei clandestini, “centinaia di migliaia di persone in attesa di identificazione che sono clandestini finché non viene loro riconosciuto il diritto di asilo”.

Per Marco Cugusi, Art.1-Mdp-Per me Modena, “la maggior parte delle persone irregolari in Italia lo è a causa della Bossi-Fini, una legge voluta dal centro-destra. È improprio e discriminatorio definire clandestini persone che vivono sotto controllo in strutture pubbliche come i centri di accoglienza”. Il consigliere si è detto convinto che “i Cpr non sono una soluzione per il problema delle persone irregolari, “se non ci sono accordi bilaterali con i paesi di provenienza la questione non si risolve e non si risolverà neanche facendoli massacrare nei lager libici: le persone vanno accolte e noi non barattiamo il consenso elettorale con i diritti umani”. Domenico Campana ha ribadito che “mischiare ius soli e centri di rimpatrio è improprio in sé: definire clandestino chi si conosce anche se per qualche motivo deve essere rimpatriato tradisce un atteggiamento di ostilità e di mancanza di serietà”. La questione della detenzione amministrativa è pericolosa, ha proseguito, “e quando Minniti dice che i Cpr non saranno come i Cie fa un’affermazione non basata sui fatti”.

Nella replica Antonio Carpentieri si è detto “rassicurato dalla conferma delle richieste presentate al Ministro e alla Regione, soprattutto per quanto riguarda l’organico di polizia e la possibilità per i Comune, e per i consiglieri comunali che devono avere il diritto di accesso, di controllare i Cpr. Possiamo non essere d’accordo con la legge che stabilisce chi può rimanere in Italia e chi no – ha proseguito – ma la legge esiste e non possiamo far rimanere le persone in condizione di illegalità, uno strumento per risolvere il problema è il rimpatrio”.