Due proverbi dell’Italia contadina: “Tanto vale l’uomo, tanto vale la sua terra” e “Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme, buon tempo”. Poi Mahatma Gandhi: “Dimenticare come zappare la terra e curare il terreno significa dimenticare se stessi”. Infine  Lev Tolstoj: “L’agricoltura indica cos’è più e cos’è meno necessario. Essa guida razionalmente la vita. Bisogna toccare la terra”.

E’ impossibile, secondo questa saggezza, una persona realizzata e una società coesa senza rispetto e cura per la terra e la terra non si ‘realizza’ senza cura della persona e della comunità. Quanto basta per occuparsi di agricoltura, e con essa di alimentazione e ambiente, in forme diverse: dalla ricerca al confronto scientifico, dalla musica tradizionale alle immagini, dalla sapienza nel trasformare prodotti in alimenti alla buona tavola.

Si muove su questi binari Agripride, meeting completamente dedicato ai temi dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e dell’Ambiente, a Reggio Emilia il 29, 30 settembre e 1° ottobre (Chiostri di San Pietro e piazza della Vittoria). Un’esperienza nuova soprattutto per una città, l’inizio di una scommessa per Reggio Emilia, che vuole dedicare un capitolo del proprio futuro alla cultura ‘altra’, quella dei campi, per confermare un’unità antica e attuale ma non scontata, un nuovo sapere e un’attrattività speciale.

CITTÀ, AREA VASTA E AGRI VALLEY – Oggi al centro dell’Area vasta emiliana con una filiera agroalimentare che dalla produzione al consumo genera più del 50% del Pil, domani cuore dell’Agri Valley italiana che attrae investimenti, cammina su ricerca e impresa, crea nuova occupazione e prodotti, cultura del paesaggio e dell’ambiente, sostenibilità. E’ Reggio Emilia (173.000 abitanti), la città, la comunità urbana che vuole rimettere l’Agricoltura al centro della strategia di sviluppo sostenibile del proprio territorio. Una svolta innovativa, su radici solide, una Competenza distintiva vissuta con orgoglio, identitaria e generatrice di un futuro che supera il luogo comune della cesura città/campagna e che risolve la dicotomia dolorosa tra polo onnivoro di sfruttamento (la città) e spazio mero fornitore di beni di consumo (la campagna), donando una inusuale osmosi di progetti, realizzazioni, nuova dignità e speranze.

Questo dunque l’obiettivo, ambizioso e possibile, di un percorso che inizia con Agripride, realizzato dal Comune di Reggio Emilia insieme ai partner scientifici Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e Centro ricerche produzioni animali (Crpa), in collaborazione con i Consorzi del Parmigiano-Reggiano, Consorzio dei Vini Reggiani, dell’Aceto Balsamico tradizionale di Reggio Emilia e le Associazioni del mondo agricolo Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Confcooperative, Legacoop, Agci, Ugc-Cisl, oltre a Future Food.

Comunità e sapere sono globali, quanto lo è la matrice, comune a tutti i popoli, del sostentamento, della cura dell’ambiente e della coltura della terra. Reggio Emilia ne è consapevole e con Agripride vuole rendere partecipe la comunità internazionale dell’esperienza di ascolto della voce dei contadini che raccontano la loro vita, le loro fatiche e speranze, di studio e confronto fra esperti internazionali – provenienti da Paesi quali Spagna, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Canada oltre all’Italia – e con il contributo del ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, raccogliendo conclusioni e proposte in un Libro bianco che sarà presentato in occasione del G7 dell’Agricoltura a Bergamo il prossimo ottobre.

Tutte le attività che si svolgeranno in queste giornate, dal Workshop con gli ospiti nazionali e internazionali, alla Cena contadina allestita con tanto di pittoresche balle di fieno all’interno della scenografica cornice dei Chiostri di San Pietro vogliono segnare l’avvio di una vera e propria politica strategica e caratterizzare Reggio Emilia come eccellenza agricola, in un momento in cui tutta la regione Emilia-Romagna è al centro del dibattito sui temi dell’agroalimentare.

REGGIO EMILIA E IL RAPPORTO COL TERRITORIO – Il rapporto con il territorio, che a Reggio Emilia viene considerato naturale, è distintivo perché qui il cibo, così come il sapere e il lavoro che lo produce, è identitario. Questo può essere vero anche per altre realtà, ma è la combinazione di identità e valore che rappresenta la vocazione Agro di Reggio Emilia, città che negli ultimi anni ha sviluppato relazioni internazionali (in particolare con Cina e Africa) anche sui temi dell’agricoltura e della gestione sostenibile del suolo. Questo è il ‘nocciolo duro’ di ciò che si declina nella way of life reggiana, che la città delle tre A – Agricoltura, Alimentazione e Ambiente – ha proposto con successo a Expo Milano 2015 e che comprende altre eccellenze quali Educazione, Meccanica e Meccatronica, Energie rinnovabili.

Competenze, queste, che inevitabilmente convergono nell’Agricoltura. Il capoluogo emiliano affonda le radici in una terra ricca e fertile, strappata all’acqua prima dalla natura, con i detriti portati dal Po, poi dall’uomo, con la cura e la trasformazione del territorio attraverso imponenti cicli di bonifiche dall’Età romana al Novecento. La tradizione contadina ha generato poi cultura industriale, con l’applicazione della meccanica all’agricoltura, unendo tradizione e innovazione.

Reggio Emilia è anche educazione all’alimentazione consapevole fin dalle sue Scuole dell’Infanzia celebri nel mondo e attraverso una fitta rete di Orti urbani –  400 quelli comunali a cui si aggiungono 15.200 metri quadrati creati da gruppi e associazioni –  che genera prodotti a chilometro zero, una nuova rete sociale, solidale e culturale; è ricerca e formazione nell’Agroalimentare grazie Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Crpa e Istituto agrario nella scuola secondaria di secondo grado; è rispetto dell’ambiente in una chiave civica con una raccolta differenziata dei rifiuti verso il 70% ed una rete di piste ciclabili di 210 chilometri (la più estesa in Italia in rapporto al numero diabitanti); è scelta politico-amministrativa con la riconversione – caso unico in Italia – alla destinazione agricola, attraverso una specifica variante urbanistica, la Variante in Riduzione, di un milione e 350.000 metri quadrati di terreni, corrispondenti al 30% delle previsioni residenziali per nuove aree edificabili. Il 76% del territorio comunale di Reggio Emilia è a vocazione rurale e di questo il 78% è coltivato, nella fascia periurbana, da 1.100 aziende.

Da queste parti, dove è immediato il contatto con ambienti e paesaggi diversi dalle praterie che accompagnano il Po ai boschi del Crinale appenninico, si vive con gioia la convivialità e il piacere del gusto, della sapienza nell’alimentazione. Per dirla con le parole di Francesco Guccini, qui si sa “dov’è il sugo del sale”, cioè quel che conta e che vale. Sarà anche per questo che Reggio Emilia è al top per dotazione di verde fruibile, per la gestione dell’acqua e per il risparmio delle risorse naturali.

IL PIANO DI SVILUPPO RURALE – Reggio Emilia mira dunque ad essere insieme polo attrattivo nevralgico della Food Valley Emilia-Romagna, cuore pulsante dall’agricoltura della regione, modello di città che conosce e rispetta il valore delle cose dal consumo al riciclo, dalla produzione alla distribuzione. Ma anche punto di riferimento internazionale per le Politiche agricole, modello di buone pratiche da esportare in tutto il mondo. Priorità per il raggiungimento di questi obiettivi è la creazione di un Piano di sviluppo rurale/agricolo locale, che permetta la sinergia tra i bisogni della città e quelli delle aree rurali. Un approccio top down, con interventi mirati a guida degli investimenti e un approccio bottom up che costruisce la fiducia con la rete sociale e con gli abitanti del mondo rurale in primis permettendone lo sviluppo.