Un importante riconoscimento arriva a Carlo Salvarani dalla Mayo Clinic di Rochester (Minnesota, Usa). La nomina a “Edward W. Boland” Rheumatology Named Visiting Professor è stata conferita in occasione della lettura magistrale tenuta il 21 luglio scorso dal medico chiamato al prestigioso appuntamento annuale per i suoi meriti nell’avere sviluppato conoscenze giudicate significative nella definizione e cura di una particolare patologia reumatica. Le vasculiti del sistema nervoso centrale in pazienti adulti sono state l’oggetto della lezione. Le vasculiti, ambito privilegiato di studio del professor Salvarani, sono caratterizzate da un processo infiammatorio che interessa la parete dei vasi sanguigni sino a comprometterli.

La Mayo Clinic, nota per essere in cima alla lista dei più accreditati standard di qualità a livello mondiale per la pratica e la ricerca in ambito medico, vanta un’elevata specializzazione nell’ambito della patologie reumatiche. La Divisione di Reumatologia della Mayo Clinic è sempre al primo posto tra le reumatologie americane e il primo direttore e fondatore è stato Philip Hench unico clinico Premio Nobel della medicina per aver scoperto l’efficacia del cortisone nelle malattie infiammatorie reumatiche.

Salvarani, direttore della struttura complessa di Reumatologia del Santa Maria Nuova e professore di Reumatologia all’Università di Modena e Reggio Emilia, è il primo italiano, e tra i pochi reumatologi a livello mondiale, ad avere ricevuto tale riconoscimento. A conferire la targa nel corso della premiazione sono stati il prof Gene G. Hunder, considerato il più autorevole reumatologo americano, padre delle vasculiti, e maestro di Carlo Salvarani, già editor della Rivista Americana di Reumatologia, e il prof Dr Kenneth Warrington attuale direttore della divisione di Reumatologia della Mayo Clinic.

È recente, tra l’altro, la pubblicazione sul New England Journal of Medicine, considerata la più autorevole rivista scientifica in ambito medico, di uno studio innovativo sull’impiego di farmaci biotecnologici nella cura della arterite a cellule giganti. La ricerca dimostra per la prima volta come un farmaco biotecnologico in grado di bloccare una delle principali molecole dell’infiammazione, la interleuchina-6, sia più efficace e dia meno effetti collaterali rispetto alle cure a base di steroidi sinora utilizzate. Carlo Salvarani, peraltro menzionato insieme all’Ospedale Santa Maria Nuova nell’editoriale dello stesso numero e coautore dell’articolo, e i suoi collaboratori hanno attivamente partecipato allo sviluppo della ricerca nella fase di stesura del protocollo, di arruolamento dei pazienti, di valutazione degli esiti e di elaborazione dell’articolo scientifico. L’arterite a cellule giganti è la più frequente delle vasculiti, colpisce l’anziano, e in tale malattia l’infiammazione interessa soprattutto le arterie di grandi dimensioni (aorta e suoi rami), causandone il restringimento fino all’ostruzione o la dilatazione (aneurismi infiammatori). Nel caso coinvolga i vasi arteriosi oculari può portare alla cecità. Come spiega lo stesso Salvarani “Siamo particolarmente orgogliosi dei risultati dello studio e del fatto che l’ospedale di Reggio Emilia sia tra i centri che hanno contribuito al suo sviluppo. Sebbene sia annoverata tra le malattie rare, l’arterite a cellule giganti è la più frequente delle vasculiti. A Reggio Emilia seguiamo attualmente oltre 350 pazienti provenienti da tutta Italia. I risultati della terapia con tocilizumab (farmaco biotecnologico bloccante l’IL-6)sono molto incoraggianti e potranno evitare gli importanti effetti collaterali a cui va incontro l’80% dei pazienti con tale vasculite in trattamento con cortisone. Tali effetti collaterali, in particolare le fatture vertebrali, peggiorano fortemente la qualità della vita dei pazienti”.

 

Nella foto: al centro il prof Carlo Salvarani, ai lati i prof. Kenneth Warrington e Gene G. Hunder