Ci fu chi si salvò dalla ‘guerra sporca’ scavalcando le inferiate del muro di cinta. Ci fu chi riuscì a sottrarsi ai ‘commando’ di Pinochet nascondendosi nel bagagliaio di un’auto di un sacerdote. Chi sfuggì agli squadroni della morte semplicemente spacciandosi per italiano, sfruttando il cognome dei nonni emigranti, e dichiarando che andava ‘all’ambasciata’ per sbrigare qualche pratica burocratica. E l’ambasciata era proprio quella italiana, una delle poche che nei giorni successivi al golpe militare di Augusto Pinochet non chiuse i propri cancelli ai tanti che scappavano alle rappresaglie dei miliziani del dittatore.

Già nelle prime ore successive alla deposizione del legittimo governo del presidente socialista Salvador Allende, la sede diplomatica italiana divenne approdo sicuro per tanti: uomini, donne, bambini, ministri e militanti politici dei partiti democratici e di sinistra perseguitati per il loro amore per la libertà e la legalità repubblicana. Uomini e donne che poi trovarono in Italia, specie in Emilia-Romagna, una seconda patria, una nazione che li accolse come profughi politici e che seppe coniugare la loro accoglienza con l’impegno politico contro la dittatura cilena, tanto che l’Italia fu una delle poche nazioni occidentali a non riconoscere il governo di Pinochet. L’11 settembre prossimo, in occasione del 44esimo anniversario del golpe di Pinochet, nei locali dell’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna alle ore 10 verrà inaugurata la mostra “Tempo d’esilio. L’Emilia-Romagna a fianco del popolo cileno 1973-1988”. A tagliare il nastro, saranno la Presidente dell’Assemblea Simonetta Saliera e l’ambasciatore del Cile in Italia Ferdinando Ayala. Realizzata dal Parlamento di viale Aldo Moro in collaborazione con l’Istituto per la memoria del ‘900 Parri e il Museo della Memoria e dei diritti umani di Santiago del Cile, la mostra attraverso foto, articoli di giornale e testimonianze d’epoca racconta i primi anni della dittatura di Pinochet, la ‘nuova vita’ dei cileni fuggiti in Emilia-Romagna e soprattutto l’impegno politico delle Istituzioni e di gran parte dei partiti politici dell’arco costituzionale italiano (Dc, Pci, Psi, Psdi, Pri) per denunciare le violazioni ai diritti umani e la brutalità del governo militare di Pinochet. E così, nei 27 pannelli della mostra realizzati dalle storiche Cinzia Venturoli e Rossella Ropa, si vedono i volti di Leonardo Barcelò, fuggito giovanissimo, di Luis Corvalan, lo storico leader del Partito Comunista Cileno, la cui sorte tenne il mondo col fiato sospeso; ci sono le parole di Sandro Pertini, allora Presidente della Camera dei Deputati, che si rifiutò di firmare un telegramma in cui si esprimeva “alta considerazione” al governo cileno, rifiuto che spinse i Presidenti dei Parlamenti europei a cancellare la frase di elogio alla giunta militare; il volto di Renato Zangheri, sindaco comunista di Bologna, che riunì tutte le forze politiche e sociali del capoluogo emiliano per solidalizzare con il popolo cileno. “Ogni volta che la sede di un Governo viene bombardata è una violenza alla democrazia”, sottolinea Simonetta Saliera, presidente dell’Assemblea legislativa. “Ogni volta che un presidente, un governo o un parlamento vengono deposti con la forza è uno sfregio alla libertà. Quanto avvenne in Cile 44 anni fa segnò anche ognuno di noi. Ci interrogammo. Protestammo. Ci convincemmo sempre più che la democrazia va difesa ogni giorno, che non è un bene conquistato per sempre. E’ un valore che va preservato in ogni momento della nostra vita perché i suoi nemici sono tanti e sono forti”, spiega la presidente Saliera che ricorda come “l’Italia, e dobbiamo essere orgogliosi, fu tra le poche nazioni che non tacque, che non si rifugiò in ipocriti giochetti da bassa diplomazia: la nostra ambasciata e i nostri consolati non chiusero. E divennero, naturalmente, le isole di salvezza di tanti cittadini cileni braccati dal regime militare perché avevano una sola colpa: non rinunciavano a battersi per la democrazia e per le proprie idee. L’Italia seppe accogliere chi fu costretto a fuggire. Rifugiati politici, esattamente come i tanti italiani dai nomi più o meno illustri (Carlo e Nello Rosselli, Sandro Pertini, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Randolfo Pacciardi, Leo Valiani, Carlo Sforza solo per citarne alcuni) che all’estero avevano trovato rifugio negli anni della dittatura fascista. Molte di quelle persone in Italia trovarono il lavoro, una famiglia, la possibilità di proseguire la propria militanza culturale e politica. In tanti, quando in Cile tornò la democrazia, ripresero la via di casa”. La mostra sarà visitabile nei locali dell’Assemblea legislativa regionale dall’11 settembre fino al 31 ottobre, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18. Per ulteriori informazioni sulla mostra: http://www.assemblea.emr.it/cittadinanza/attivita/mostre/tempo-desilio