Racconti di arte e artisti nelle parole di una scrittrice in dialogo con la direttrice di un grande Museo. Venerdì 25 agosto alle 21.30 ai Giardini Ducali di Modena, Melania Mazzucco conversa con la direttrice della Galleria Estense, Martina Bagnoli, su Tintoretto e in particolare sul ciclo tratto dalle Metamorfosi di Ovidio conservato in Galleria al Palazzo dei Musei di largo Sant’Agostino. La serata, come sempre a ingresso libero e gratuito nello spazio verde del centro storico in corso Canalgrande, rappresenta un’occasione per scoprire e imparare a conoscere uno dei tanti tesori della collezione estense conservata a Modena. L’incontro si svolge nell’ambito della rassegna “Giardini d’Estate” a cura di Studio’s con sostegno di BPER Banca, nell’Estate modenese del Comune, tra cultura, musica, spettacolo e socialità, realizzata grazie anche a Fondazione Cassa di risparmio di Modena e Gruppo Hera.

La scrittrice Mazzucco, vincitrice del Premio Strega nel 2003 con “Vita” (Rizzoli) e autrice di opere tradotte in 24 Paesi, nel 2013 ha raccontato 52 capolavori dell’arte sul quotidiano “la Repubblica” nella rubrica domenicale “Il museo del mondo” (poi divenuta libro Einaudi nel 2014). Al pittore veneziano Jacomo Robusti detto Tintoretto ha dedicato con Rizzoli dizioni il romanzo “La lunga attesa dell’angelo” (2008, Premio Bagutta) e “Jacomo Tintoretto & i suoi figli. Storia di una famiglia veneziana” (2009, Premio Comisso), biografia del maestro e dell’amatissima figlia Marietta, che ricostruisce centocinquant’anni di storia di Venezia.

L’opera al centro della serata ai Giardini d’Estate è un ciclo di sedici ottagoni raffiguranti le Metamorfosi di Ovidio (tratte da una trasposizione in volgare di Nicolò degli Agostini del 1522) commissionate al giovane Tintoretto nel 1541 dal conte Vettore Pisani, banchiere veneziano, per decorare il soffitto della camera di Palazzo San Paterniano a Venezia, in occasione del suo matrimonio con Paolina Foscari. Le tavole furono vendute nel 1658 dagli eredi al duca Francesco I d’Este, il quale, utilizzandole con funzioni di arredo per decorare i soffitti della seconda camera del Palazzo Ducale di Modena, ne eliminò due di cui non si hanno più notizie. La composizione delle opere, si legge nella descrizione sul sito della Galleria, trae netta ispirazione dal soffitto decorato da Giulio Romano per Palazzo Te a Mantova, nella sala di Psiche; la stessa impostazione prospettica dal sottoinsù e il disegno compatto confermano la frequentazione della città lombarda da parte del Tintoretto. Negli Ottagoni i personaggi esprimono una particolare teatralità, che è poi la cifra stilistica dell’artista, rivedibile nei gesti, nelle pose e nella luce drammatica, tutti elementi gestiti e sintetizzati magistralmente in uno spazio ristretto. Oltre al caratteristico chiaroscuro, che fa emergere improvvisamente le forme dagli sfondi, è il colore a prevalere sulle tavole: quel colore tonale tipicamente veneto, ma con alcune concessioni al cangiantismo michelangiolesco. L’influsso del grande maestro fiorentino si rivede anche nella tornitura dei corpi, anatomicamente imponenti, e nella loro torsione avvitata, instabile e inquieta.