“Si tratta di una proposta molto interessante, che non deve essere lasciata cadere e merita di essere approfondita. Seta è oggi una società sana e solida, con tutte le carte in regola per partecipare da protagonista a questo processo. Ovviamente, però, questo percorso impegna in primo luogo i soci, quindi spetterà a loro effettuare una valutazione nel merito ed operare le scelte più opportune”. Vanni Bulgarelli, Presidente di Seta, commenta così il progetto di fusione delle aziende del trasporto pubblico dell’Emilia-Romagna annunciato oggi da Raffaele Donini, Assessore regionale ai Trasporti.

“Da un punto di vista più strettamente aziendale – prosegue Bulgarelli – la possibile unione di Seta con Tper e Start Romagna può essere affrontata solo avendo ben presente che le esigenze dimensionali del futuro operatore della mobilità dovranno conciliarsi con le esigenze dei territori che di quel servizio fruiscono. Il settore del trasporto pubblico è molto complesso, non standardizzabile come altri servizi a rete, ma richiede flessibilità e capacità di adattamento alle diverse necessità degli utenti. Le dimensioni delle aziende sono importanti per affrontare le sfide di innovazione profonda che ci attendono, ma il rapporto con i cittadini resta un punto ineludibile”.

Per il Presidente di Seta “Non vi è dubbio che per affrontare al meglio le future gare per  l’affidamento del servizio, la dimensione economico-gestionale ottimale è più consistente di quella di cui oggi Seta (e le altre aziende regionali) possono disporre. Occorre crescere, dunque, per produrre tutte le sinergie di scala in grado di generare maggiore efficienza e qualità del servizio. Ma diventare più grandi non deve significare essere più distanti dai cittadini, altrimenti anzichè sinergie si produrranno diseconomie”.

Sulla natura e sul percorso che porterà alla nuova azienda regionale, Bulgarelli non esclude “altre possibili strade che i soci potranno indicarci, anche in questo caso da valutare ed approfondire nel merito. Ciò che ritengo fondamentale, tuttavia, è di evitare un immobilismo fine a sé stesso, restando abbarbicati ad un modello che – tanto a livello locale quanto nazionale – sta dimostrando gravi contraddizioni ed incongruenze. Da un lato, infatti, registriamo spinte ad una dimensione competitiva finalizzata al miglioramento del servizio, ma dall’altro si evidenziano forti resistenze di stampo conservatore, sia per quanto riguarda le norme nazionali (vedi il cd. Decreto Madia) sia tra i soggetti chiamati a concorrere a questo percorso unitario”.