Desertificazione, incendi e impoverimento dei terreni a seguito di calamità. A ripristinare la vegetazione ci pensano le api. Presentati, oggi, durante un convegno presso l’Aula Giorgio Prodi, in Piazza San Giovanni in Monte, 2 a Bologna, i risultati di una ricerca, svolta in determinate aree di macchia mediterranea in Italia e in Tunisia, nell’ambito del progetto Mediterranean CooBEEration. Condotta dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna – DipSA, la ricerca ha visto la partecipazione del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino – DISAFA e dall’Istituto Nazionale Agronomico della Tunisia – INAT.

A differenza degli altri insetti impollinatori, l’ape domestica può essere aiutata dall’uomo, attraverso dei nutritori con soluzioni zuccherine posti tra tetto e soffitto dell’alveare, per contribuire a velocizzare il ripristino vegetazionale delle zone a seguito di incendi o altre calamità. Un concetto condiviso, ma sul quale non vi erano, almeno fino ad oggi, dati certi e controprove misurate ad attestarne l’impatto.

Promosso da Felcos Umbria (Fondo di Enti Locali per la Cooperazione decentrata e lo Sviluppo umano sostenibile) e Apimed (Federazione Apicoltori del Mediterraneo) e finanziato dall’Unione Europea, lo studio si è svolto (per la parte italiana) tra il 2015 e il 2016 in Liguria, in una zona soggetta a incendi, dove in due aree di 400 m2 ciascuna, distanti tra loro qualche chilometro, una con la presenza di alveari, e quindi ben “servita” dalle api, e l’altra senza alveari, sono state delimitate cinque parcelle sperimentali in cui condurre ogni 15 giorni rilievi sulla vegetazione e sugli insetti impollinatori, rivolti soprattutto all’ape.

Le ricerche effettuate in campo e quelle collegate agli effetti dell’impollinazione, condotte in laboratorio, hanno consentito di stabilire l’importanza strategica di questi meravigliosi organismi che accelerano il ripristino della vegetazione anche in condizioni estreme. I dati cambiano in base alle tipologie di piante presenti nelle diverse zone di macchia mediterranea, ma quello che emerge è che su alcune specie vi sono produzioni di oltre il 50% in più di semi. Le api domestiche sono generalmente conosciute perché producono il miele, ma non si aveva ancora la giusta consapevolezza di quanto fossero indispensabili non solo il mantenimento della biodiversità, ma anche per il ripristino di aree soggette a stress di vario tipo. In conclusione: attraverso gli alveari di api domestiche si può intervenire in maniera significativa (e con tempi più rapidi) per la ripresa della vegetazione di alcuni territori.

I dati della ricerca saranno pubblicati nelle prossime settimane su riviste scientifiche internazionali.

Le specie più attrattive per gli insetti impollinatori e più diffuse, come l’Erica arborea, il Cisto a foglie di salvia (Cistus salviifolius) e la Ceppica (Dittrichia viscosa), sono state maggiormente frequentate dagli insetti pronubi, e segnatamente dell’ape domestica, nella zona con gli alveari. L’incidenza dell’azione dell’ape si è manifestata nel numero di semi prodotti dalle piante mediterranee prese come modello, che è risultato più alto nell’area sperimentale vicina agli alveari, in particolare per Erica arbora, rispetto all’area senza alveari. La cospicua produzione di semi correlata con la presenza di Apis mellifera e il potenziale di diffusione dei semi stessi, si può considerare un sicuro indice dell’incremento della biodiversità in zone degradate.

LA COOPERAZIONE DEI PAESI DEL MEDITERRANEO

La sperimentazione è stata condotta dal  Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna – DipSA, dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino – DISAFA e dall’Istituto Nazionale Agronomico della Tunisia – INAT e si è inserita all’interno del progetto di cooperazione “Mediterranean CooBEEration”, volto a sostenere l’apicoltura e il suo ruolo strategico per la salvaguardia della biodiversità, per il miglioramento della sicurezza alimentare e per lo sviluppo socio-economico.

Partito nel febbraio del 2014, in questi tre anni di attività il progetto Mediterranean CooBEEration ha coinvolto numerosi Paesi del Mediterraneo, tra cui in particolare il Libano, i Territori palestinesi, il Marocco, l’Algeria, la Tunisia e l’Italia. Oltre a DipSA, DISAFA e INAT, i partner del progetto sono e UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo).

Una delle linee di lavoro ha riguardato lo svolgimento di una sperimentazione scientifica, che è stata svolta in Italia e in Tunisia, con l’obiettivo di valutare il ruolo dell’ape mellifera nell’impollinazione delle specie spontanee, in particolare nei territori degradati (zone incendiate in Italia e in via di desertificazione in Tunisia) e, più in generale, per la conservazione e il ripristino della biodiversità.

IL RUOLO DELL’APE

L’ape contribuisce all’impollinazione delle piante superiori a fiore, coltivate (circa 150 – 200 specie in tutto il mondo) e selvatiche (oltre 350mila), nella misura del 75-80%. Salvaguardare e ripristinare la copertura vegetale del territorio è un’esigenza essenziale in tutto il mondo, soprattutto nelle regioni con ambienti molto deteriorati, per scongiurare o limitare calamità naturali come alluvioni e frane, l’erosione e la desertificazione. Se i boschi vengono tagliati, oppure si incendiano e, in sovrappiù, si mettono le piante entomofile in condizioni di non potersi riprodurre per carenza di insetti pronubi, se si ostacola o si trascura di favorire l’andata a seme di molte specie arboree, arbustive ed erbacee che bonificano, arricchiscono e consolidano il terreno, che contribuiscono a regolare il regime delle acque e l’andamento climatico, che procurano derrate alimentari ed industriali, che forniscono essenze medicinali e sono utili in mille altri modi, la terra diventerà sempre più povera, improduttiva, brulla e instabile.

Diversi Paesi affacciati sul Mediterraneo sono più o meno intensamente colpiti da fenomeni di questo tipo, con conseguenze negative sull’ambiente e sulla stabilità sociale ed economica delle popolazioni residenti. La sperimentazione è indirizzata a valutare il contributo delle api mellifere per l’impollinazione delle piante selvatiche e, in particolare, a definire il loro ruolo nelle fasi di ripristino vegetazionale delle zone degradate come quelle soggette a desertificazione ed erosione per fenomeni di siccità, per azione dell’uomo e pascolo troppo accentuato, e aree incendiate.