A seguito del rallentamento del commercio mondiale, nel terzo trimestre del 2016, si è ridotta la dinamica delle esportazioni emiliano-romagnole: +1,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015, pari a 13.679 milioni di euro. E’ quanto attestano i dati Istat delle esportazioni delle regioni italiane, analizzati da Unioncamere Emilia-Romagna. L’export nazionale mostra la stessa tendenza (+1,0 per cento). Nei primi nove mesi dell’anno l’Emilia-Romagna si conferma la terza regione per quota dell’export nazionale (13,5 per cento), preceduta dalla Lombardia (26,9 per cento) e dal Veneto (14,0 per cento) e seguita dal Piemonte (10,6 per cento). L’andamento regionale appare positivo, considerato alla luce dei risultati di queste regioni, tra i quali spicca la conferma della tendenza negativa in Piemonte (-4,9 per cento), mentre una stasi sostanziale colpisce la Lombardia (+0,4 per cento) e il Veneto non va oltre un +0,7 per cento.

I settori I principali contributi alla crescita sono venuti dal forte aumento delle vendite dei prodotti della metallurgia e della lavorazioni dei metalli (+6,2 per cento), che raggruppa la sub fornitura regionale, e dalla buona crescita dei prodotti dei minerali non metallici (ceramica e vetro) (+4,7 per cento). In seconda battuta ha contribuito la contenuta crescita delle esportazioni alimentari e della moda. Negativi i risultati per la piccola industria del legno e del mobile (-7,9 per cento), l’aggregato dell’altra manifattura (-4,0 per cento) e quello più rilevante dell’industria chimica, farmaceutica, della gomma e delle materie plastiche (-1,1 per cento), determinato dalla caduta del farmaceutico, nonostante la buona crescita dell’export della chimica.

Le destinazioni L’andamento positivo è stato determinato dalla buona crescita sui mercati dell’Unione europea (+4,8 per cento). I contributi più rilevanti sono giunti dal successo sul mercato spagnolo, dalla più moderata crescita di quelli tedesco e francese e da una buona espansione su quello polacco. Segno rosso al di fuori dell’Unione, in Russia, ma soprattutto in Turchia, e negli altri continenti, in America (-2,3 per cento), determinato soprattutto dalle difficoltà nel fondamentale mercato statunitense (-8,6 per cento), ma soprattutto in Asia (-5,5 per cento), che risente dell’andamento negativo nei paesi produttori di petrolio e della Cina, nonostante una crescita sul mercato indiano.