«Mantenere vivo il ricordo dell’Olocausto è oggi compito delle istituzioni che devono parlare ai giovani ma non solo a loro trasmettendo le parole dei testimoni che quella tragedia l’hanno vissuta 65 anni fa e che ci stanno lasciando». È stato Demos Malavasi, presidente del Consiglio provinciale di Modena, a dare, nella sua introduzione, il senso del Consiglio straordinario che si è svolto mercoledì 27 gennaio nel decimo anniversario dell’istituzione del Giorno della memoria della Shoah. «La politica deve essere molto attenta – ha proseguito Malavasi – perché anche oggi ci sono segnali pericolosi come la negazione dell’esistenza dello Stato di Israele e fenomeni di intolleranza, razzismo e xenofobia sia in Italia che in Europa».
Aprendo la seduta, alla quale hanno presenziato anche il nuovo prefetto Benedetto Basile e rappresentanti dell’Esercito e delle Forze dell’ordine, Malavasi ha annunciato le due iniziative che, in accordo con la Comunità ebraica di Modena, la Provincia sta studiando per ricordare gli otto “Giusti” modenesi e le loro storie: l’intitolazione di una targa con i loro nomi nella sede della Provincia e la messa a dimora di un albero di ulivo per ciascuno dei Giusti nelle scuole della provincia. Gli otto modenesi, che a rischio della loro vita salvarono quella di molti ebrei e che per questo sono stati dichiarati “Giusti tra le nazioni” dallo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme, sono: don Dante Sala e Odoardo Focherini che operarono tra Carpi e Mirandola, don Arrigo Beccari e il dottor Giuseppe Moreali di Nonantola, Antonio Lorenzini di Lama Mocogno, don Benedetto Richeldi di Finale Emilia, Sisto e Alberta Gianaroli di Polinago. Sono in corso di presentazione le domande per la comunità di Verica di Pavullo e per Francesco Vecchione, capo di gabinetto della questura di Modena al tempo delle leggi razziali che salvò la maggioranza degli ebrei che vivevano in città avvertendoli prima della cattura.
Da questo episodio è partita Sandra Heckert, presidente della Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia, per esortare a «lavorare molto con gli insegnanti e i ragazzi di oggi perché il messaggio di questa giornata passi e perché diventino loro stessi testimoni. Ancora oggi infatti molti di loro pensano che quello che vedono nei film e nei documenti sull’Olocausto in realtà non sia stato vero. Far conoscere davvero il passato, invece, è necessario per vivere nel presente e creare un futuro migliore». «Ricordare è necessario ma non sufficiente» le ha fatto eco Lorenzo Bertucelli, storico e presidente della Fondazione ex Campo Fossoli: «bisogna capire perché questa tragedia è successa anche se è molto difficile. Tanti sono sicuri di sapere come è finita questa storia – ha proseguito lo storico – ma non altrettanti sanno come è iniziata e invece da lì si deve cominciare, dalle “anticamere” che hanno condotto gli ebrei fino alle camere a gas. E se ci guardiamo intorno oggi, a 65 anni di distanza, vediamo che i rischi sono quasi tutti intatti».
Puntando l’attenzione sull’alto valore educativo della memoria, Elena Malaguti, assessore provinciale all’Istruzione, ha affermato «che la straordinaria partecipazione degli studenti delle scuole superiori modenesi al Treno per Auschwitz è una testimonianza del riavvicinarsi della nostra coscienza a quegli avvenimenti» mentre il vicepresidente della Provincia Mario Galli ha ricordato che «dalla consapevolezza dei terribili crimini di cui il nazismo si era macchiato e dalla volontà di risorgere dal male è nata nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo a salvaguardia dei diritti inalienabili di ogni essere umano».
Il dibattito
«La memoria è necessaria per evitare che il nostro passato diventi il futuro dei nostri figli». Fabio Vicenzi (Udc) ha aperto gli interventi dei consiglieri provinciali nella seduta dedicata al Giorno della memoria, citando una frase del premio Nobel per la pace Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di sterminio. Giornate come questa, ha proseguito Vicenzi «ci ricordano che la risposta peggiore che possiamo dare a certe situazioni è l’indifferenza e che è la politica che deve far sì che l’odio e la paura per il diverso non prevalgano». Patrizia Cuzzani (Idv), domandandosi come mai sia stato necessario l’intervento del legislatore per ricordare una delle pagine più drammatiche della storia del Novecento, ha affermato che «il nostro Paese ha rimosso a lungo la collaborazione offerta dal fascismo ai piani di sterminio nazisti perché talvolta il passato è scomodo e mette a disagio. Ben venga quindi la legge per ricordare l’Olocausto, per educare le nuove generazioni e favorire la formazione di una memoria storica nazionale condivisa». Stefano Corti (Lega nord) ha ricordato che il genocidio degli ebrei non è stato l’unico del ventesimo secolo, che ha visto anche quello degli armeni, «ma è stato quello più spaventoso perché è stato compiuto in modo scientifico. Bisogna analizzare le responsabilità di chi vi ha partecipato attivamente – ha proseguito – ma anche di chi, come gli alleati, sapeva quello che stava accadendo e ha taciuto». I crimini commessi contro il popolo ebraico «sono crimini contro l’umanità» ha affermato Bruno Rinaldi (Pdl) per il quale «Auschwitz è stato un punto di non ritorno. Dobbiamo quindi perpetuare il senso vero di questo giorno, chiederci perché tutto questo è accaduto e incentivare una riflessione dinamica che coinvolga soprattutto le giovani generazioni». Secondo Grazia Baracchi (Pd) non è sufficiente «ripetersi che tutto ciò non deve accadere mai più senza reagire, oggi, alle intolleranze e alle discriminazioni. Sbagliamo se pensiamo che quelle dei campi di sterminio siano pagine chiuse: basti pensare alla pulizia etnica in Ruanda, alla ex Jugoslavia, a chi nega a Israele la possibilità di esistere, oppure riflettere sui fatti di Rosarno. Ricordare la Shoah ha senso se significa guardare al futuro».