Pillola abortiva ru486«L’interruzione volontaria di gravidanza indotta farmacologicamente si pone come un metodo alternativo e sicuro al pari dell’intervento chirurgico, se praticata nelle prime settimane di gravidanza. Il percorso assistenziale è analogo a quello previsto per l’interruzione chirurgica e la donna non è quindi mai abbandonata ma accompagnata e sostenuta in tutto il percorso». Lo ha detto Mario Galli, vicepresidente della Provincia di Modena con delega alle Politiche sociali rispondendo in Consiglio alle due interpellanza sull’utilizzo della pillola RU486 presentate dal Pdl: una, sottoscritta dai consiglieri Giovanna Bertolini, Claudia Severi e Dante Mazzi, chiedeva conto «delle procedure adottate dalle aziende sanitarie e ospedaliere emiliane ritenendole contrarie sia alle indicazione fornite dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sia agli indirizzi della legge 194 che obbliga al ricovero ospedaliero fino alla certezza dell’avvenuta espulsione del feto». L’altra interpellanza, presentata da Luca Ghelfi, era sulle modalità di sostegno fornite alla donna «che affronta in solitudine l’esperienza provante dell’aborto medico».

Secondo i dati forniti dall’Ausl di Modena, l’utilizzo della pillola RU486 nel territorio modenese è iniziato nel gennaio 2006 ed è limitato al Policlinico di Modena e all’ospedale Ramazzini di Carpi. Le procedure farmacologiche sono state 114 nel 2007 (su un totale di 1.081 interruzioni volontarie di gravidanza, Ivg, effettuate nei due ospedali) e 94 nel 2008 (su un totale di 985). Nell’intero territorio modenese nel 2007 sono state effettuate 1.615 Ivg, di cui 659 (circa il 40 per cento) chieste da donne immigrate; nel 2008 le Ivg sono state 1.545, di cui 594 (circa il 38 per cento) su donne immigrate.

«Proprio pochi giorni fa l’Aifa ha dato il via libera, esecutivo entro un mese, all’utilizzo della RU486 negli ospedali italiani nel pieno rispetto della legge 194» ha ricordato l’assessore Galli sottolineando che «per il ruolo esercitato dalla donne che richiede di utilizzare questo metodo, si dedica grande cura al consenso informato». Alle donne viene consegnata una nota con informazioni dettagliate sull’assistenza ospedaliera, sui farmaci utilizzati, sulla loro efficacia e sicurezza, sulle indicazioni cliniche e sulle procedure da applicare, sulle possibili complicanze. Per l’ammissione alla procedura è inoltre necessario che la donna possa garantire la presenza alla visita di controllo a 14 giorni, che abbia accesso a un telefono e possa disporre di un mezzo di trasporto in caso di necessità, che abbia mostrato di comprendere le indicazioni fornite.

Il dibattito

Il dibattito sulle modalità di utilizzo della pillola RU486 è stato aperto da Cecile Kyenge Kashetu (Pd) secondo la quale «non spetta alla politica ma alla scienza determinare le tecniche che un medico deve applicare. Alla Provincia dovrebbe spettare il compito di studiare politiche di sostegno alla maternità e alla famiglia». Anche Patrizia Cuzzani (Idv) ha sottolineato che «si sta parlando di un farmaco e non di una scelta ideologica» affermando anche che «sarebbe opportuno sostenere politiche per la contraccezione».

Per Bruno Rinaldi (Pdl) non si può trascurare «che questo farmaco provoca la morte di qualcuno. La donna dovrebbe essere invece aiutata in tutti i modi a non abortire».

Secondo Fabio Vicenzi (Udc) «la legge 194, che sancisce la tutela della vita dal concepimento, non è applicata nella sua interezza. Questa pillola rischia di facilitare la pratica abortiva, ancora una volta in violazione della legge». Anche per Giovanna Bertolini (Pdl) l’utilizzo della RU486 «porta a una banalizzazione dell’aborto anche perché i tempi sono strettissimi e invece il percorso previsto dalla legge 194 è lungo. Inoltre, una volta deciso, le donne dovrebbero essere seguite dall’inizio alla fine in ospedale».

Giorgio Siena (Pd) ha ricordato che «questo farmaco negli altri paesi viene applicato da vent’anni senza particolari conseguenze, quindi l’ostilità nei suoi confronti mi sembra dettata da motivi che non possono essere tecnici».

Nella replica Luca Ghelfi (Pdl) ha definito la risposta dell’assessore Galli «tecnicamente ineccepibile ma non soddisfacente dal punto di vista politico. La tutela della vita, prevista dalla legge 194, deve essere rimessa al centro del dibattito». Anche Dante Mazzi (Pdl), dichiarandosi non soddisfatto, ha sostenuto la necessità «di un’applicazione puntuale della legge 194».