L’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP) celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer 2009
(21 settembre) con una totale adesione al messaggio che caratterizza quest’anno la giornata stessa,
cioè l’impegno di tutti gli operatori affinché ogni persona ammalata possa ricevere una diagnosi
corretta quanto più precocemente possibile.
Su questo tema l’AIP propone al mondo della medicina e, più in generale, a coloro che sono
coinvolti nelle problematiche clinico-assistenziali delle persone affette da demenza, un “decalogo”
di impegni perché il diritto ad una diagnosi corretta e precoce possa realisticamente concretizzarsi.
E’ necessario che i responsabili politici e gli amministratori locali tengano conto di tale impegno,
sia per garantire precoci ed adeguate cure al cittadino ammalato, sia per evitare che il
riconoscimento troppo tardivo di questi quadri clinici determini il rischio che le uniche risposte
terapeutiche siano di tipo residenziale a lungo termine, impegnative dal punto di vista economico ed
il più delle volte dannose per i soggetti interessati.
Non si tratta di aspetti nuovi, ma di focalizzare quanto la cultura e la prassi psicogeriatrica da tempo
affermano:

  • 1. La diagnosi è un diritto: non dipende dalle possibilità di cura né dal ruolo sociale della
    persona, ma dalla Costituzione italiana che rende ogni uomo uguale di fronte alle possibilità
    offerte dalla medicina moderna
  • 2. Perché sia possibile una diagnosi precoce è necessario diffondere nella popolazione una
    peculiare sensibilità per i disturbi cognitivi, perché non siano interpretati come
    accompagnamento ineluttabile dell’invecchiamento; allo stesso tempo, è di grande
    importanza abbattere i pregiudizi ed i timori che accompagnano le parole “demenza” ed
    “Alzheimer”
  • 3. E’ necessario che i medici (di Medicina Generale e specialisti) siano convinti che la
    demenza di Alzheimer e le altre forme di malattia dementigena primaria e secondaria sono
    curabili, e che la diagnosi è la fase iniziale di una serie di interventi volti a rallentare
    l’evoluzione della malattia ed a controllarne i sintomi più disturbanti ed invalidanti, sul
    piano individuale e sociale. La diagnosi è anche l’inizio di un intenso rapporto con il
    paziente e la sua famiglia; per questo la comunicazione della diagnosi, e le modalità con cui
    essa avviene, sono un momento estremamente delicato
  • 4. E’ fondamentale che nel territorio sia operativa una rete di servizi in grado di intercettare i
    primi sintomi, garantendo la precocità della diagnosi. Questi devono essere in continuità con
    gli interventi curativi ed assistenziali
  • 5. La diagnosi di demenza non deve per nessun motivo diventare una barriera a procedure
    diagnostiche ed interventi terapeutici -medici o chirurgici- dei quali il paziente avesse la
    necessità
  • 6. Se il cittadino accede a servizi sanitari non specifici (chirurgie, specialistiche, ecc) e
    presenta una sintomatologia cognitiva è sempre necessario attivare l’iter diagnostico. Infatti
    non è mai troppo tardi per arrivare ad una diagnosi, perché nelle forme di demenza
    moderate-avanzate sono possibili interventi con impatto sulla qualità della vita. Anche se
    ricoverato in una casa di riposo, il cittadino deve trovare sensibilità ed attenzione per i propri
    disturbi e non essere considerato un “vecchio” al di fuori dell’interesse della medicina
  • 7. La diagnosi permette alle famiglie di organizzarsi e di creare alleanze per affrontare assieme
    i problemi complessi posti dalla gestione della persona affetta da demenza
  • 8. La diagnosi permette di attivare i sistemi organizzativi ed assistenziali (nonché economici)
    di protezione dell’ammalato e della sua famiglia, in modo da facilitarne la permanenza a
    casa quanto più a lungo possibile
  • 9. E’ necessario sviluppare la ricerca per accrescere l’accuratezza diagnostica, promuovendo
    l’idea che la demenza è una malattia e non uno stigma, e che oggi può essere curata ed in un
    futuro non lontano -se continua l’attuale impegno di ricerca- anche prevenuta e stabilizzata,
    se non addirittura guarita
  • 10. E’ necessario un impegno formativo diffuso perché vi sia un numero sempre più grande di
    medici, infermieri, psicologi, terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, assistenti
    sociali, attori dell’assistenza formati sulla tematica delle demenze e, quindi, preparati per il
    riconoscimento precoce dei sintomi e, in generale, sugli aspetti diagnostici e sulla rete dei
    servizi dedicati