sanitaLa sperimentazione condotta anche a Modena presso la Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di un nuovo farmaco particolarmente efficace contro le broncopneumopatie croniche ostruttive (COPD) apre concrete prospettive di terapie meno invasive in grado di migliorare la funzionalità polmonare e di ridurre le esacerbazioni in pazienti affetti da COPD da moderata a grave. I risultati della sperimentazione e l’interesse scientifico per questo farmaco, che viene somministrato per via orale, sono testimoniati dall’interesse dedicato a questa novità dalla prestigiosa rivista medica inglese “The Lancet”, che nel numero pubblicato il 29 agosto ha dedicato una parte monografica agli studi sperimentali di fase III del Roflumilast (denominazione affibbiata al nuovo farmaco), che hanno dimostrato il suo effetto inibitore nei confronti della fosfodiesterasi 4 (PDE4), causa principale di tante infiammazioni che possono avere esito letale.

La COPD

La COPD è una malattia polmonare progressiva sottodiagnosticata, potenzialmente fatale. A livello mondiale, la COPD è responsabile di quattro decessi al minuto e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede che sarà la terza causa principale di morte entro il 2030. L’OMS stima che 80 milioni di persone siano affette da COPD da moderata a grave.

“Fra i sintomi della COPD – spiega il prof. Leonardo Fabbri dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – si annoverano la mancanza di respiro, la tosse cronica e un’eccessiva produzione di muco. Occasionalmente si verificano casi di notevole peggioramento dei sintomi, denominati esacerbazione o crisi polmonare, che possono durare più settimane. La respirazione viene gravemente compromessa e i pazienti possono avere bisogno di ricovero ospedaliero. Le esacerbazioni sono eventi traumatizzanti, che comportano una maggiore ansietà del paziente, un peggioramento dello stato di salute, un calo della funzionalità polmonare e un maggior rischio di morte”.

Il fumo è uno dei fattori che contribuisce maggiormente all’instaurarsi della malattia nei Paesi occidentali, mentre l’inquinamento causato dai fuochi per cucinare e per il riscaldamento è un ulteriore fattore che contribuisce all’instaurarsi della malattia nei Paesi meno sviluppati. Anche inquinanti industriali e chimici possono provocare la COPD.

“L’infiammazione cronica dei polmoni – aggiunge il prof. Leonardo Fabbri – gioca un ruolo fondamentale nella COPD. I farmaci attualmente utilizzati per il trattamento di questa patologia curano principalmente i sintomi, invece della malattia di fondo. Il Roflumilast è un nuovo inibitore PDE4 sviluppato specificamente per combattere l’infiammazione cronica collegata alla COPD”.

La sperimentazione

La sperimentazione di questo nuovo farmaco ha coinvolto circa 4.500 pazienti, reclutati in oltre 200 centri di 10 diversi Paesi. A Modena il trattamento ha riguardato circa 40 malati, che si sono volontariamente sottoposti alla assunzione del Roflumilast tra il 2006 e il 2008 sotto la responsabilità del prof. Leonardo Fabbri della Struttura Complessa dell’Azienda-Ospedaliero Universitaria di Modena, che ha coordinato l’intero studio coi colleghi Peter Calverley, Professore di Medicina Respiratoria all’Università di Liverpool (Regno Unito) e Fernando Martinez, Professore di Medicina Respiratoria dell’Università del Michigan (USA), e Klaus Rabe, Professore di Medicina Respiratoria dell’Università di Leiden (Olanda), tutti co-autori accademici delle due pubblicazioni su Lancet.

“Ancora una volta – commenta il Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia prof. Aldo Tomasi – si dimostra l’importanza per la ricerca della strategica collaborazione tra Università ed Aziende Sanitarie, senza il cui apporto di strumentazioni, apparecchiature e personale tanti traguardi ci sarebbero preclusi. Fondamentale da questo punto di vista è anche il pieno e consapevole coinvolgimento dei malati, cui deve andare il nostro sincero ringraziamento per il contributo che danno al progresso della medicina e delle conoscenze sanitarie. Altrettanto importante, comunque, è la sinergia tra privati e strutture pubbliche, poiché senza il concorso di qualificati ed apprezzati professionisti e dei finanziamenti dell’industria farmaceutica, e non solo, il sistema universitario e sanitario sarebbe nella impossibilità di condurre ambiziosi, lunghi e costosi progetti di ricerca, che necessitano di cospicue risorse umane e scientifiche dedicate”.

Le prove sperimentali di fase III controllate con placebo del Roflumilast hanno valutato il trattamento in due studi su 12 mesi e in due studi su 6 mesi.

I due studi su 12 mesi hanno dimostrato che il Roflumilast ha prodotto una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante delle esacerbazioni (crisi respiratorie che devono essere trattate con steroidi sistemici o che comportano il ricovero), anche nei pazienti che stavano assumendo contemporaneamente broncodilatatori a lunga durata d’azione. Gli studi hanno mostrato una riduzione del 17% delle esacerbazioni moderate o gravi per paziente all’anno (incidenza di 1,14 eventi all’anno con il Roflumilast contro 1,37 all’anno con il placebo, p<0,001). La riduzione delle esacerbazioni avveniva a prescindere dal trattamento concomitante con i beta-2 antagonisti a lunga durata d’azione, una terapia standard broncodilatatrice.

“L’Azienda Ospedaliero – Universitaria Policlinico di Modena – commenta il Direttore Amministrativo dott. Maurizio Pirazzoli – si dimostra ancora una volta terreno di applicazione clinica del lavoro dei ricercatori dell’Ateneo modenese-reggiano. E questo rappresenta il momento più significativo dell’attività di un’Azienda come la nostra, che si trova ad essere insieme sede di insegnamento per i medici e gli operatori sanitari, nonché di sviluppo assistenziale della ricerca clinica”.

Quando il Roflumilast è stato somministrato concomitantemente alle terapie standard broncodilatatrici nei due studi su sei mesi, si è osservata una chiara tendenza alla riduzione delle esacerbazioni, ben oltre quanto non si fosse riusciti ad ottenere con le singole terapie.

Con il Roflumilast è stata, altresì, riscontrata una differenza statisticamente significativa per altri endpoint prespecificati, compreso il tempo medio alla prima esacerbazione (moderata o grave nello studio con il salmeterolo, e lieve, moderata e grave nello studio con il tiotropio) e, in entrambi gli studi, nella proporzione di pazienti che hanno subito un’esacerbazione lieve, moderata o grave.

La funzionalità polmonare, misurata come FEV1 (volume d’aria che può essere esalato in un secondo), rappresentava l’endpoint primario o coprimario in tutti e quattro gli studi. In tutti gli studi, il Roflumilast ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo nella FEV1 pre-broncodilatazione, dai 48 agli 80 ml (p<0,001).

Nausea, diarrea e perdita di peso sono stati gli effetti collaterali più comuni riscontrati nei pazienti nelle quattro prove sperimentali, ma erano generalmente di intensità lieve o moderata e normalmente si presentavano solo durante le prime settimane di trattamento.

“I rilevanti ed innovativi risultati pubblicati sul recente numero tematico della prestigiosa rivista The Lancet dedicato alla broncopneumopatia cronica ostruttiva, – ha detto la prof. ssa Gabriella Aggazzotti, Preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – testimoniano la rilevanza che le malattie croniche respiratorie rivestono nella medicina contemporanea. È quindi per me motivo di orgoglio constatare che il prof. Leonardo Fabbri, membro della nostra facoltà, è tra i principali autori di due di questi studi, oltre ad avere ricevuto l’onore di un <ritratto> personalizzato, che ne delinea la carriera ed i risultati raggiunti.

La ricerca costituisce, insieme a didattica ed assistenza, uno dei cardini della mission delle facoltà di Medicina e Chirurgia: sono certa che i brillanti traguardi raggiunti in questo campo dal prof. Fabbri, ed oggi ulteriormente confermati, saranno di stimolo per i nostri studenti e contribuiranno a rafforzare ed incrementare i livelli di eccellenza già raggiunti dal nostro Ateneo”.

Ora, per l’avvio della commercializzazione ed il libero uso del farmaco, si attendono le approvazioni da parte delle autorità europee (EMEA) e statunitensi (FDA).

“Il Roflumilast – commenta il prof. Leonardo Fabbri, docente di Medicina Respiratoria all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, nonché uno dei principali autori degli studi su sei mesi – ha un nuovo meccanismo di azione ed ha il potenziale per diventare il primo di una nuova classe di farmaci. Nei prossimi anni potrebbe potenzialmente diventare l’unica alternativa completamente nuova per il trattamento della COPD. I risultati pubblicati questa settimana su The Lancet, fortemente attesi, mostrano che, oltre a confermare i miglioramenti importanti, prolungati e statisticamente significativi della funzionalità polmonare, il Roflumilast ha anche rivelato una tendenza alla riduzione delle esacerbazioni, se somministrato concomitantemente ai broncodilatatori a lunga durata d’azione per via inalatoria. I risultati delle due prove sperimentali su sei mesi, che hanno esaminato l’effetto aggiuntivo del Roflumilast somministrato concomitantemente al salmeterolo o al tiotropio, ampliano le conclusioni delle prove sperimentali su 12 mesi, mostrando un miglioramento della funzionalità polmonare clinicamente significativo in pazienti con ridotta funzionalità polmonare anche a fronte di una broncodilatazione massima”.

Il nuovo farmaco è prodotto dalla Nycomed, un’azienda farmaceutica focalizzata su farmaci per la gastroenterologia, i disturbi respiratori e infiammatori, il dolore, l’osteoporosi e la guarigione dei tessuti, ed è stato studiato presso i Forest Laboratories, un’azienda farmaceutica con sede negli Stati Uniti.