Circa 10 mila cordoni ombelicali italiani sono conservati oggi nelle biobanche private all’estero, da genitori che hanno scelto di ‘stoccare’ cellule staminali per il proprio bebè o altri membri della famiglia. Il doppio, intorno a 20 mila unità di sangue cordonale, resta invece in Italia, nelle 18 banche pubbliche del Paese, a disposizione per donazioni.

E’ il bilancio emerso ieri a Milano da un incontro sul futuro delle staminali, sulle loro applicazioni e le prospettive della ricerca. Le ‘cellule bambine’ estratte dal cordone ombelicale – spiegano gli esperti – sono sempre più utilizzate nella cura di malattie come le leucemie, i linfomi o la talassemia. E in tutto il mondo i trapianti di questo tipo di staminali nell’ultimo anno sono raddoppiati, passando dai circa 10 mila eseguiti nel 2007 ai 20 mila del 2008, ricorda in una nota Irene Martini, presidente di Smart Bank Foundation, ente di divulgazione scientifica nato su iniziativa di Smart Bank, azienda che conserva privatamente in un laboratorio inglese i cordoni ombelicali degli italiani che non vogliono donarlo. La scelta fra conservazione autologa e donazione mette i genitori davanti a un bivio: “E’ una scelta individuale”, ragiona Martini. Ma le future mamme devono sapere che “le banche pubbliche conservano il sangue del cordone donato per un potenziale utilizzo su pazienti sottoposti a trapianto. Molte delle malattie per le quali i bambini sono sottoposti a trapianti di cellule staminali, come leucemia e malattie genetiche, necessitano di cellule provenienti da un’altra persona. Se si dona il sangue del cordone del proprio figlio ad una banca pubblica, la donazione può salvare una vita”, spiega l’esperta. “Anche se – prosegue – non si ha la garanzia di poter disporre del sangue per un familiare successivamente, salvo particolari casi di malattie genetiche già diagnosticate in un fratellino o sorellina”. Se una mamma decide invece di conservare il cordone per sé, deve informarsi attentamente sulle caratteristiche delle banche private a cui si rivolge, avverte l’esperta. Questi laboratori, infatti, devono seguire criteri precisi, stabiliti da protocolli internazionali, che garantiscano la qualità della conservazione. E poiché questa operazione ha un costo, conclude Martini, “sarebbe opportuno che la banca privata garantisse il diritto di recesso in caso di prelievo insufficiente per un trapianto alla luce degli standard scientifici attuali”.

Fonte: Adnkronos