Domani, mercoledì 25 aprile alle 12, al Teatro Herberia di Rubiera, Roberta Biagiarelli presenta un estratto dello spettacolo ‘Resistenti‘, leva militare ‘926, un racconto scritto da Roberta Biagiarelli e Francesco Niccolini, con Roberta Biagiarelli, luci Giovanni Garbo, produzione Babelia&C. Lo spettacolo viene presentato all’interno delle celebrazioni organizzate dall’amministrazione comunale di Rubiera per il 25 aprile.


Lo spettacolo viene presentato all’interno delle celebrazioni organizzate dall’amministrazione comunale di Rubiera per il 25 aprile.
Lavorare sulla Resistenza. Raccontare la Resistenza. Sessant’anni dopo. E provare a rispondere sempre alla stessa domanda: cosa resta? Così gli autori dello spettacolo hanno provato a indagare una terra – la provincia piacentina – e una serie di paesi: Fiorenzuola, Bobbio, Travo, Peli, Coli, Morfasso. Vista da Fiorenzuola diventa una storia che non riguarda i massimi sistemi, ma uomini, gli uni contro gli altri armati. Pieni di contraddizioni, incertezze, debolezze. Storia di famiglie, di Montecchi contro Capuleti, storie grasse di vino terra e sangue.
Storie in dialetto, dove è difficile distinguere lacrime e risa. Storie di ragazzi che non avevano neanche vent’anni e che ora ne hanno ottanta. Storie di cartavelina. Storie senza salvezza.
Resistenti racconta in modo scarno e antieroico come i soli ragazzi italiani che non erano ancora stati chiamati alle armi, quelli delle classi ’25 e ’26, il giorno che toccò a loro andare a combattere, non più per l’Italia ma per la repubblica di Salò, scapparono sulle montagne e divennero partigiani. Fu una storia di ragazzi, diciottenni e diciannovenni. Pazzi e incoscienti come si può essere solo a quell’età. È la storia di Nando, deportato in un campo di annientamento; quella di Eligio, che non fu fucilato e ancora non sa perché; quella della Pierina detta Stèlla; e quella di Stalin, che suonava la tromba nella banda e che sapeva a memoria tutta Casta Diva.
L’intento di questo racconto è di ricordare tutti, i resistenti, come erano e come, chi non se n’è andato prima, sopravvive oggi. Un racconto corale, e popolare, da opera, tra Verdi Puccini Bizet Bellini. Non c’è ordine, il tempo va e viene, morti e vivi stanno tutti alla stessa tavola. E una donna, sola, canta. Canta il tempo, canta il pianto, canta la libertà che così disperatamente i diciottenni di allora – nella più paradossale e antieroica delle crociate di bambini che mai si combatté – seppero difendere. E consegnarci. Dimenticarli sarebbe atto indegno.
Ingresso gratuito.