Un terzetto stranamente assortito composto da un matematico esperto informatico, il 50enne Arturo Micari, un giardiniere, Ignazio Nicolai, e un operaio di un’azienda ceramica, Vincenzo Campanile. Secondo le squadre mobili di Modena e Bologna è sicuramente questa la banda che mercoledì mattina ha sequestrato la 28enne Vanessa Mussini, figlia di Vanni Mussini imprenditore nel settore dei trasporti, nei pressi del casello di Reggio Emilia.

Rapitori improvvisati che si sono fatti prendere dal panico quando i media hanno puntato i fari sulla vicenda ed hanno quindi deciso di rilasciare la ragazza dopo 12 ore di segregazione.
Ma secondo gli investigatori proprio la loro inesperienza li rendeva ancora più pericolosi come insegnano i casi del piccolo Tommaso Onofri e del finanziere Gianmario Roveraro, sequestrati da dilettanti che li hanno poi uccisi.


Mercoledì mattina la ragazza era al volante di una Mercedes Classe A verso Parma, dove studia Agraria, quando sull’A1 è stata affiancata da un’altra Classe A grigio chiaro, da cui sono scesi tre uomini, col volto parzialmente coperto, che si sono detti poliziotti, hanno mostrato una paletta, finti tesserini e un’arma, e l’hanno fatto salire a forza sulla loro auto.


A questo punto sono iniziate le telefonate per la richiesta del riscatto ma il padre non ha perso tempo ed ha subito chiamato la Polizia che di concerto con la Direzione Distrettuale Antimafia ha fatto scattare indagini serrate che hanno consentito di chiudere il cerchio intorno ai rapitori in tempi brevi.


Resta ora da chiarire esattamente il movente del sequestro che, secondo gli inquirenti, ha alla base una ragione economica ma che da sola non basta a spiegare la scelta del bersaglio, una famiglia benestante ma non al punto da poter sborsare un milione di euro, e una conoscenza capillare delle abitudini della famiglia. In una parola si cerca un mandante.