Non sono un ”mostro” e sulla storia della cantina ritrovata in via Jacchia ”sono state costruite un sacco di fantasie”: cosi’ si difende dai sospetti Paolo Onofri, papa’ del piccolo Tommaso. ”Su di me – ha detto Onofri intervistato dal giornalista della Rai Emilia-Romagna Antonio Boschi – e’ stata creata un’immagine che penso nessun essere umano possa sopportare”.


Fra i sospetti c’era appunto quella cantina appartata dentro la quale gli investigatori avevano trovato un pc e alcuni mobili: ”Sulla storia della cantina volevo solo dire – ha aggiunto Paolo Onofri – che mia moglie era perfettamente a conoscenza della sua esistenza. Anzi, il materiale che c’era dentro in buona parte ce l’ha portato lei”.
” Fra me e mia moglie non c’e’ assolutamente nulla che non va”. ”Se sapessimo dov’e’ Tommaso, saremmo là”.

Insomma: nessun mistero nel box di via Jacchia. “All’interno ci sono i vecchi mobili dismessi, nella sala da pranzo che avevo prima – ha proseguito il padre del bimbo rapito – e il mio materiale: le mie riviste di Quattroruote, i miei modellini, i miei francobolli”. Insomma: “Tutte quelle cose che in casa non ci stavano e che io contavo di portare a Casalbaroncolo, non appena terminato di sistemare la casa”.

“L’obiettivo principale – ha ricordato Onofri – penso sia riportare a casa il bimbo”. Ma come è andata la sera del rapimento? “Di come è andata lo so – ha risposto Paolo Onofri – ero là, quali siano le cause non lo so”. E sua moglie come sta? “Ormai è a terra”, risponde il padre di Tommy, che sul lavoro degli inquirenti aggiunge: “Stanno lavorando in maniera febbrile, stanno buttando il cuore oltre l’ostacolo, ci stanno mettendo anche del loro, al di là dell’obbligo professionale”. “Credo che stiano facendo un grande lavoro – ha concluso Onofri – però i misteri sono tanti ed è un lavoro difficile”.