Confartigianato Federimprese Bologna, con la collaborazione della Cciaa di Bologna, ha realizzato una ricerca sulle aziende della provincia con l’obiettivo di indagare i loro bisogni formativi: quali sono le figure professionali ricercate, su quali professionalità investono e quali competenze dei loro dipendenti vorrebbero sviluppare.


L’indagine è stata presentata nel corso della tavola rotonda “Quale formazione per l’Impresa Artigiana? Le risposte del FondArtigianato”, che si è tenuta lunedì pomeriggio nella sede provinciale di Confartigianato Bologna.
“La ricerca e la tavola rotonda – dichiara il segretario provinciale di Confartigianato Federimprese Bologna Agostino Benassi – sono state realizzate con un unico scopo: poter dare risposte sempre migliori ed azzeccate ai bisogni di crescita e sviluppo delle imprese della provincia di Bologna. Per poter resistere alle sfide poste dai mercati emergenti le aziende del nostro territorio devono restare competitive e la formazione, insieme alla ricerca, è sicuramente uno degli strumenti più adeguati a sostenerle in questa fase. Come Confartigianato – conclude il segretario Agostino Benassi – ci misuriamo continuamente con i bisogni dei nostri iscritti ma volevamo fare di più: questa ricerca nasce proprio dalla volontà di individuare le loro vere necessità ed utilizzare questo know how per progetti di formazione mirati“.

La ricerca è stata svolta su imprese del settore metalmeccanico, il più significativo della provincia di Bologna sia per numero di imprese che per numero di occupati; facendo riferimento ai dati dell’Ente Bilaterale dell’Emilia Romagna nel 2003/2004 il settore metalmeccanico della provincia conta 2.834 imprese con dipendenti, suddivise in: meccanica di produzione, 1482 aziende, meccanica installazione, 764 aziende, meccanica servizi, 588 aziende; in tutta la regione le aziende metalmeccaniche sono il 36,25% delle imprese artigiane.
Si è trattato di una indagine conoscitiva svolta direttamente presso la sede delle aziende, attraverso interviste qualitative ai titolari, su un campione di 50 aziende concentrate soprattutto nei comuni di Anzola Emilia, Budrio, Casalecchio di Reno, Castelmaggiore, Granarolo Emilia, Molinella e Zola Predosa.

Si tratta per lo più di aziende a conduzione familiare con una media di 5-9 addetti, ben il 64% del totale, quelle con 10-14 addetti sono il 22%, quelle con 15-20 il 10%, poche quelle oltre i 20 addetti che rappresentano solo il 4%; occorre però precisare che il numero esiguo di addetti non necessariamente corrisponde ad un ridotto volume di affari, spesso infatti molte attività sono il frutto di una maggiore meccanizzazione o informatizzazione. L’82% di queste imprese opera per conto terzi e, lavorando in sub-fornitura, raramente collabora alla fase di progettazione del prodotto; i loro committenti sono principalmente l’industria automobilistica, delle moto, degli scooter, dei macchinari agricoli ed anche di applicazione su nastri trasportatori, in misura minore appartengono ai settori degli elettrodomestici, dell’agricoltura e dell’elettronica. Il 60% delle imprese intervistate ha rapporti economici soprattutto con clienti regionali, il 40% ha invece rapporti con clienti nazionali e il 20% ha committenti diretti o indiretti a livello mondiale.

Per quanto riguarda la struttura il 90% degli intervistati è a capo di un’azienda a conduzione familiare in cui soci e dirigenti sono moglie e figli; sporadici i casi in cui al vertice ci sono cosi “estranei”, si tratta soprattutto delle imprese più giovani nate alla fine degli anni ’90. Nella maggior parte delle aziende il potere decisionale è concentrato nelle mani del titolare e, soprattutto nelle realtà con pochi dipendenti, le mansioni degli operai addetti alla produzione sono intercambiabili; l’85% delle imprese ha assunto lavoratori stranieri provenienti maggiormente dal Bangladesh, dalla Tailandia, dalla Romania, dall’Albania e dall’Ucraina. L’età media dei dipendenti ruota intorno ai 33 anni, da sottolineare il fatto che c’è una preferenza per personale meno qualificato ma più flessibile che il titolare forma a seconda delle proprie esigenze.

Il 65% degli intervistati ha una considerazione positiva delle attività di formazione e ritiene che possano garantire un continuo aggiornamento per rimanere al passo con il progresso e che siano un’opportunità anche per i meno giovani. Tra queste imprese, circa il 75% ha evidenziato come elemento di criticità il fatto di far partecipare i propri dipendenti a corsi formativi durante l’orario di lavoro, creando problemi logistici ed organizzativi, soprattutto nelle realtà con pochi dipendenti; ed è proprio per questa ragione che soltanto il 20% delle imprese intervistate è stato coinvolto in precedenti esperienze formative, eccezion fatta per i corsi obbligatori come quelli per la sicurezza ed il pronto soccorso. Oltre il 50% degli imprenditori sarebbe disponibili ad una maggiore flessibilità con i dipendenti in presenza di progetti formativi meno trasversali e più indirizzati ad argomenti specifici professionalizzanti. Il restante 35% ha una sorta di avversione per la formazione ritenendola una inutile perdita di tempo, forte della convinzione che il proprio bagaglio di conoscenze di artigiano sia sufficiente alla istruzione dei dipendenti.

Tra le tematiche di maggiore interesse sono emerse quelle relative alle conoscenze tecniche nelle lavorazioni metalmeccaniche e quelle relative alla gestione ed organizzazione aziendale, ai corsi di lingue straniere ed all’informatica, in particolare queste ultime tematiche sono state evidenziate dai giovani imprenditori e dalle imprese che stanno puntando all’espansione sui mercati esteri.