Cento fotografie originali scattate a fine secolo da professionisti e dilettanti, stampate all’albumina, per ricostruire l’immagine della città e delle sue
trasformazioni, i luoghi del divertimento, del lavoro e la storia degli uomini che l’hanno vissuta. E’ ‘Modena fin de siecle – Fotografie e
fotografi a Modena 1864-1900
‘, la mostra che sarà inaugurata sabato nella sede delle ‘Raccolte Fotografiche Modenesi Giuseppe Panini’.


L’esposizione, è stato spiegato in una conferenza stampa, descrive il proliferare degli atelier fotografici nell’Italia post-unitaria. La crisi
economico-culturale che sembra attanagliare la città nei primi anni di passaggio dal Ducato alla Monarchia dei Savoia non scoraggia i modenesi, di
tutte le estrazioni sociali, dal volersi rappresentare col nuovo e sempre piùeconomico strumento di riproduzione e pochi centesimi sono sufficienti
a lasciare un ricordo di sè. Così per rispondere alla crescente domanda piccoli studi nascono e muoiono soprattutto nel cuore della città.

A cavallo tra vecchia e nuova generazione si colloca Pietro Barbieri, musicante e pittore prima di trasformarsi in fotografo, uno dei pochi a non
accontentarsi di vivere di soli ritratti, che ottiene commissioni per documentare la sua città.
Non regge la concorrenza, però, del nuovo studio fotografico aperto nel 1870 dai fratelli Sorgato. Famiglia di fotografi di origini venete con
studi giù affermati a Venezia e Bologna, dispongono di mezzi e attrezzature senza eguali: Gaetano, il più giovane dei fratelli, si accaparra il mercato modenese dei ritratti delle famiglie nobili e alto-borghesi e le commesse pubbliche più importanti, come le riproduzioni di opere d’arte per i Musei, l’esclusiva nei confronti dell’Accademia e le foto del Duomo prima e dopo i restauri per la Curia.
Soltanto gli Orlandini sapranno competere con i veneti, inizialmente costruendosi una nicchia di mercato battendo la provincia e l’Appennino modenese, alla ricerca di clienti ed immagini inedite da vendere. Conquistata fama anche in città coi bellissimi panorami del Frignano iniziano, intorno agli anni ’90 dell’Ottocento, a sottrarre ai Sorgato la ricca clientela nobile e alto-borghese e l’importante committenza dell’Accademia Militare.

Intorno a questi due studi dominanti sorgono, tra gli anni ’70 e gli anni ’80, un gran numero di fotografi di minor calibro ed intraprendenza,
impegnati soprattutto nel soddisfare la richiesta di ritratti.
Nel 1888 con l’invenzione della Kodak n.1, l’americano George Eastmann rivoluziona il
mercato della fotografia creando una macchina fotografica di piccole dimensioni in grado di registrare immagini su pellicola negativa. Per la
prima volta la casa produttrice offre al cliente anche un servizio completo di sviluppo e stampa, con lo slogan. La semplificazione dei procedimenti
per l’ottenimento dell’immagine fotografica fanno proliferare molti fotografi amatori, appassionati di fotografia per diletto che appartengono anche alla schiera dei nobili, degli artisti o degli scienziati.

Negli anni ’90 dell’Ottocento cresce il numero dei nobili-fotografi e sulle pagine dei giornali cittadini si nominano il principe Bernardo Capece Zurlo, il marchese Filippo Rangoni, il conte Bolognesi, Giuseppe Messori, Luigi Messori, il marchese Pietro Schedoni. Unica donna la marchesa Camilla
Campori Stanga.
Tra gli amatori spicca, dai primi anni ’90, l’avvocato Luigi Magelli, fotografo di grande qualità ed autore di una serie di immagini sull’abbattimento delle mura della cittadella, frammenti fondamentali per
la ricostruzione dell’immagine della città antica.
Proviene dall’ambito accademico il giovane Giuseppe Graziosi, al servizio di Arsenio Crespellani nelle sue prime sperimentazioni fotografiche. Dalla città delle scienze, quale si era venuta definendo Modena in epoca Ducale, non poteva non venire un contributo all’evoluzione della tecnica fotografica.
All’astronomo modenese Giuseppe Bonacini si devono infatti i fondamentali studi sulla fotografia pancromatica e a colori.