Da diverso tempo integratori alimentari e aminoacidi ramificati sono entrati nell’uso comune degli sportivi, sia professionisti che amatoriali. Pur essendo sostanze lecite e naturali, non sono però prive di conseguenze indesiderate. Dell’abuso di integratori alimentari nello sport si è parlato nel corso della seconda edizione di Sicura, la convention nazionale sulla sicurezza alimentare promossa da Modena Esposizioni, in collaborazione con le aziende USL di Modena, Bologna e Parma e con il sostegno della Camera di Commercio di Modena, tenutasi presso il quartiere fieristico di Modena.

“Da sempre sono convinto che un atleta in salute non abbia bisogno di integratori o aminoacidi” ha detto Julio Velasco, l’”uomo d’oro” della pallavolo italiana, vincitore da allenatore di ogni possibile alloro in campo nazionale e mondiale. “Nelle squadre che ho allenato ho sempre vietato l’utilizzo di queste e di ogni altra sostanza, anche se legale, nonostante questa sia ormai una cultura dominante nello sport. Eppure, sia nelle squadre di club che in Nazionale, i risultati sono sempre arrivati. Mi chiedo, però: cosa sarebbe successo se non fosse andata così? Avrei avuto lo stesso la forza di resistere a chi proponeva il cosiddetto “aiutino” ai miei giocatori? Ho poi scoperto che ad alcuni di loro, una volta tornati alla propria squadra, venivano somministrate quelle sostanze che io avevo proibito in Nazionale. La cosa mi ha molto amareggiato, perché significa che la mentalità sportiva è cambiata, e che l’assunzione di sostanze per alcuni è diventata parte integrante dell’allenamento”. Non sempre, quindi, basta l’esempio per educare gli atleti.



Da esperto comunicatore, Velasco ha anche confessato che, prima dell’inizio di ogni stagione sportiva, riunisce tutti i giocatori e spiega loro perché sia contrario all’utilizzo di integratori ed aminoacidi: “faccio loro l’esempio del morbo della “mucca pazza”, che si è sviluppato non a causa dell’utilizzo di alimenti vietati, ma in seguito all’errato uso di sostanze naturali. E’ importante, infatti, far capire ai giocatori che anche ciò che è “naturale” può portare a gravi conseguenze per la salute”.



Nel corso del convegno sugli integratori alimentari è stato presentato uno studio epidemiologico effettuato da Stefano Belli e Nicola Vanacore dell’Istituto Superiore di Sanità, dal quale emerge una preoccupante correlazione tra l’utilizzo di queste sostanze e la comparsa della Sclerosi Laterale Amiotrofica (cosiddetto “Morbo di Gehry”, dal nome dell’atleta americano a cui fu diagnosticata per primo), una grave malattia neurodegenerativa che inibisce i muscoli e porta in breve alla morte. “La nostra ricerca ha interessato una popolazione composta da 24mila ex-giocatori di calcio italiani di serie A, B e C attivi tra il 1960 e il 1996” ha affermato Stefano Belli. “Ciò che emerso è che l’incidenza del Morbo di Gehry è di 30 volte superiore alla media della popolazione, e che la malattia insorge più precocemente e nella forma più grave. Tutti i casi studiati, infine, sono “sporadici”, ossia nessuno presenta familiarità o predisposizione genetica allo sviluppo della malattia. Considerando che si tratta di atleti che hanno fatto largo uso di integratori alimentari, si deve concludere che sia stata questa la causa scatenante”.



“E’ risaputo che le sostanze dopanti sono pericolose, ma anche per alcune sostanze lecite – come i famosi integratori alimentari – non esistono riscontri scientifici inossidabili riguardo la loro utilità, o non pericolosità” ha dichiarato Claudio Gavioli, medico sportivo del Modena Calcio. “I medici di squadra si trovano a volte schiacciati tra l’incudine delle proprie convinzioni etiche e il martello del risultato ad ogni costo condizionato da complessi interessi economici. E’ quindi molto importante all’inizio di ogni stagione agonistica e sottoforma di richiami in diversi periodi dell’anno svolgere il ruolo educativo di informazione sui rischi per la salute senza mai mollare la presa. Gli atleti professionisti che a volte possono diventare vulnerabili a cattivi consigli, sono in realtà molto attenti ai segnali positivi per la loro salute. Ancora più importante e decisivo – ha concluso Gavioli – è il lavoro di educazione ed informazione delle nuove leve”.