Fissato a 42 anni il limite di eta’ entro il quale e’ corretto trattare una donna con la fecondazione artificiale in caso di sterilita’. La legge parla di accesso alle tecniche per le donne con meno di 50 anni ma gli esperti riuniti a Bologna all’81mo Congresso della Sigo (Societa’ italiana ginecologia e ostetricia) in una sessione dedicata a fertilita’ e sterilita’ in premenopausa mettono dei paletti ancora piu’ restrittivi.


”Riteniamo che trattare una donna dopo i 42 anni, ovviamente fatto salvo alcune eccezioni – dice Stefano Venturoli, direttore dell’Unita’ operativa di fisiopatologia della riproduzione dell’universita’ di Bologna – vada contro l’interesse della donna stessa. Perche’ le probabilita’ che dopo tutto l’iter terapeutico, stressante e impegnativo, abbia un figlio in braccio sono davvero molto poche”. E dai ginecologi viene l’invito alle donne di non rimandare la gravidanza troppo avanti negli anni perche’, alla fine, nemmeno la fecondazione artificiale puo’ mandare indietro l’orologio. Ma le donne questo in molti casi non lo sanno. Ed ecco perche’, sempre dal congresso di Bologna, gli esperti chiedono fortemente alle istituzioni e al ministro Storace di avviare una campagna di sensibilizzazione affinche’ le donne, e le coppie, acquistino una maggiore consapevolezza riproduttiva.

”A ‘scuola di fertilita” – dice Venturoli – dovrebbero andare non solo le donne e i compagni, ma medici di base e ginecologi di base che guardano la donna rimandare la gravidanza e non fanno nulla per farle comprendere quali e quanti rischi corre”.


”Una donna a 20 anni ha un tasso di fertilita’ pari al 100% – aggiunge Venturoli – ovviamente se non ci sono problemi medici ma a 35-38 anni e’ gia’ sceso al 25% e dopo i quaranta e’ tra il sette e il 10%. E le tecniche di fecondazione assistita non possono fare nulla per innalzare questo tasso di fertilita’. Le tecniche possono solo aiutare la donna che non puo’ concepire spontaneamente ma nulla possono sulla qualita’ dell’ovocita.


Qualita’ che, dopo i 38 anni, e’ sostanzialmente minore. Basti pensare che dopo i 34 anni il 50% degli embrioni abortiti spontaneamente presenta anomalie cromosomiche e, quindi, incompatibili con la vita. E dopo i 38 anni, con le tecniche di procreazione medicalmente assistita si arriva addirittura ad una percentuale superiore di embrioni con anomalie cromosomiche tali da non attecchire o venire abortiti spontaneamente. E questo e’ gia’ un indice di quanto ridotte siano le possibilita’ di avere poi un figlio, nonostante l’aiuto della medicina. E, intanto, il tempo passa”.


”Le donne che chiedono un figlio a tutti i costi – conclude Venturoli – si dicono ‘stupite’ di non riuscire ad avere un figlio naturalmente e sembrano ignorare che il fattore eta’ giochi un ruolo determinante. Prima di chiedere aiuto alla procreazione medicalmente assistita provano anche per quasi tre anni di concepire un figlio naturalmente nonostante abbiano iniziato a farlo a 35-36 anni, quando, cioe’, le probabilita’ di averlo sono gia’ ridotte. Le coppie dovrebbero sapere che su 100 donne che si sottopongono al prelievo ovocitario (e gia’ queste sono delle ‘fortunate’ perche’ solo una ridotta parte di quelle che iniziano l’iter arrivano a questa fase) in media solo 10 hanno un figlio. E con grandi differenze a seconda dell’eta’: su 100 donne di 35 anni che si sottopongono al prelievo ovocitario solo 15 avranno la gioia del bambino, ma tra le donne di 40-41 anni solo sei diventeranno madri. Oltre i 42 anni il numero si riduce sostanzialmente. Ecco perche’ la decisione di fissare a 42 anni il limite oltre il quale trattare una donna vorrebbe dire non illuderla. Ovviamente ci sono delle eccezioni e ovviamente si deve decidere insieme alla donna e alla coppia”.


E l’appello alle donne italiane di diventare mamme da giovani viene anche da Claudio Manna, docente di ginecologia all’universita’ di Roma Tor Vergata: ”Il destino di un Paese come l’Italia e’ legato alla qualita’ e alla durata della vita riproduttiva della donna. Il problema e’ che il degrado del DNA negli ovociti inizia dopo i 35 anni e avviene velocemente fino a 44-45 anni. Per l’uomo invece non c’e’ un problema simile, perche’ la flessione nella capacita’ riproduttiva e’ molto lenta”. In piu’ dal 1992 e’ stata introdotta la tecnica di fecondazione ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), che permette con pochi spermatozoi di dar luogo ad una gravidanza, ”purche’ – sottolinea l’esperto – le cellule-uovo della donna siano giovani. Quindi l’aspettativa di vita riproduttiva dell’uomo e’ molto piu’ alta nel tempo rispetto a quella della donna”.