Si sono autotassati, devolvendo una parte dei loro introiti a finanziare un progetto di ricerca. Sono i medici dell’unità operativa di medicina nucleare del Sant’Orsola, un centro d’avanguardia per la diagnosi dei tumori, che però necessita di
finanziamenti per acquistare un nuovo strumento ‘Pet’ e sviluppare la sua attività, riducendo anche le liste d’attesa.

I risultati dei medici bolognesi nell’ambito della ricerca e dell’assistenza sono stati presentati in un convegno di due giorni che si conclude oggi a Bologna.
Alcune applicazioni della medicina nucleare sono infatti risultate di grande rilievo in ambito oncologico. Attraverso nuove tecniche che sfruttano macchinari sofisticati come la ‘Pet’, primo del suo genere installato in Italia, si possono infatti
valutare le risposte alla terapia dei tumori.
Il laboratorio del Sant’Orsola produce infatti i ‘traccianti’, radiofarmaci utilizzati nella diagnosi, che riescono ad individuare anche tumori che non possono essere scoperti con i metodi tradizionali.

”I traccianti – ha spiegato Roberto Franchi, direttore dell’unità operativa di medicina nucleare – sono sonde molecolari che ci consentono di
individuare tumori difficilmente diagnosticabili. Noi produciamo nel nostro laboratorio i farmaci da iniettare che devono essere utilizzati entro 20
minuti dalla loro produzione. Sono molto efficaci per patologie specifiche come i tumori alla prostata, al sistema nervoso centrale, per le
neoformazioni epatiche e per i tumori neuroendocrini”.

L’unità operativa del Sant’Orsola è uno dei centri più avanzati d’Italia ed ha richieste da parte di pazienti non solo emiliano-romagnoli.
L’inevitabile rovescio della medaglia sono però le liste d’attesa.
”Grazie a finanziamenti statali della Carisbo e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – ha detto Franchi – siamo riusciti ad acquistare la strumentazione necessaria per le attività di ricerca ed assistenza. Abbiamo uno strumento che lavora a pieno ritmo dalle 8 alle 19 e che ci consente di fare seimila interventi all’anno. Per l’anno prossimo
speriamo di riuscire ad acquistare un secondo macchinario che però costa 4 milioni di euro. Ci consentirebbe di rispondere meglio a tutte le richieste che abbiamo”.

L’unità bolognese di medicina nucleare ha molti progetti innovativi che però spesso si scontrano con la penuria di finanziamenti. Tanto che i
ricercatori hanno deciso di autotassarsi. ”Crediamo talmente tanto in questa attività – ha detto Franchi che è a capo di uno staff di 9 medici e numerosi tecnici – che abbiamo deciso di devolvere una parte dei nostri introiti al finanziamento delle ricerche che abbiamo in programma”.