Crollano gli investimenti dei Comuni per il welfare a causa delle minori entrate e degli effetti del patto di stabilita’. La spesa corrente pro-capite e’ scesa dai 1.063 euro del 2002 (consuntivi) ai 1.052 euro delle previsioni 2004, quando i Comuni hanno dovuto affrontare il taglio ai trasferimenti statali con la Finanziaria. Nei consuntivi dei comuni la spesa sociale in senso stretto e’ diminuita dai 168,36 euro pro-capite del 2002 ai 167,32 del 2003, un trend che tocca picchi elevati al Sud, dove la spesa si e’ ridotta da 124,76 euro pro-capite del 2002 a 102,20 euro nel 2003. Anche nelle aree del Nord-Ovest la spesa sociale e’ scesa, da 198,93 a 193,62 euro.

A rilevarlo e’ il V Rapporto dello Spi-Cgil sul welfare locale che e’ stato presentato oggi a Roma.

Le entrate tributarie dei Comuni, secondo il rapporto, hanno fatto registrare un notevole aumento negli ultimi quattro anni: nel 2000, infatti, la pressione tributaria era pari a 416,26 euro pro-capite, un valore che ha raggiunto i 574,40 euro nel 2003. Gli incrementi piu’ elevati si sono registrati nell’ultimo biennio, e sono solo in parte giustificati dalla introduzione alla compartecipazione dei Comuni all’Irpef (il 4,5% nel 2002 e il 6,5% nel 2003).

Nel periodo 2000-2003 le entrate tributarie comunali crescono progressivamente, da 18,2 a 24,7 mld di euro, anche in relazione alla introduzione e elevazione della quota di compartecipazione dell’Irpef ai Comuni. In aumento sono gli importi della Tosap (da 4,01 a 4,39 euro pro-capite) e, soprattutto, gli accertamenti dell’Ici, che raggiungono, nel 2003, un importo di circa 11 mld di euro. Il valore medio per abitante dell’imposta supera di poco, nel 2003, i 189 euro. Gli importi piu’ elevati pro capite sono in Liguria (317,22 euro), Emilia Romagna (279,25) e Lazio (276,59), quelli piu’ bassi in Calabria (80,12) ed in Sicilia (101,42).

La quota Tarsu cresce da 72,21 euro pro-capite (2000) a 76,14 euro (2003), facendo registrare, tuttavia, una riduzione degli accertamenti nel periodo 2003/2002.
La pressione tributaria nelle aree del Centro-Nord oscilla tra i 590 e i 690 euro pro-capite, mentre al Sud il valore si dimezza quasi, fino a raggiungere i 383 euro.

Ai divari delle entrate corrispondono le marcate differenze sul fronte delle spese: il livello della spesa pro-capite per gli interventi sociali, cultura e istruzione pubblica, al Sud e’ praticamente dimezzato. A Crotone, Reggio Calabria, Taranto e Avellino, nel 2003 la spesa sociale non raggiunge i 60 euro pro-capite, valore che si innalza sopra i 200 euro a Firenze, Udine, Torino, Bologna, Modena e Pordenone. Considerando i singoli interventi, la spesa pro-capite per l’assistenza scolastica, il trasporto e la refezione, e’ di 34,33 euro al Sud e di 50,39 euro a livello nazionale. Il valore scende al di sotto dei 10 euro a Vibo Valentia, Trento e Gorizia, mentre supera i 70 euro a Novara, Biella, Brescia, Pavia, Firenze e Milano e a Enna. Dietro ai tagli quattro cause: la scure sui trasferimenti agli enti locali , il blocco della finanza locale, i limiti imposti dal Patto di stabilita’ interno e l’aumento delle competenze amministrative a carico del governo locale.

Mediamente, nel 2005 i fondi provenienti dai bilanci statale e regionali sono diminuiti rispetto al 2003 di circa il 17%. A causa del blocco dell’autonomia impositiva in atto dal 2003, mitigata dalla Finanziaria 2005 con misure insufficienti, questa riduzione non potra’ essere compensata da un maggiore prelievo fiscale locale, soprattutto con l’addizionale Irpef: i Comuni, pero’, stanno agendo, sulla leva dell’Ici, della tassa/tariffa e, soprattutto, attraverso mentre la manovra tariffaria. Cio’ comporta un aumento della tassazione diretta e indiretta nei confronti dei cittadini, a fronte di una riduzione dei livelli di spesa per i servizi pubblici locali.

Nel 2003, il gettito della addizionale comunale Irpef e’ cresciuto del 46% rispetto all’anno precedente e nello stesso periodo e’ quasi raddoppiato il numero di enti che hanno deciso di applicare questa sovraimposta. I Comuni, per finanziare anche i servizi sociali, hanno premuto sulla alienazione del patrimonio pubblico, anche attraverso le cartolarizzazioni.

Il welfare dei Comuni – osserva quindi il sindacato – e’ caratterizzato ancora da forti squilibri territoriali. Il problema cruciale delle politiche sociali e’, dunque, l’assenza dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che dovrebbero essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Sono ancora pochi, soprattutto al Sud, i Comuni che hanno applicato l’Isee (l’indicatore della situazione economica), che introduce la compartecipazione alle spese da parte degli utenti. Nel meridione, i comuni mostrano anche un’eccessiva quota di risorse destinata alla burocrazia (la spesa per l’amministrazione incide per il 33% su quella totale corrente contro il 26,9 della media nazionale) e di una minore capacita’ di imposizione locale. I servizi forniti dai municipi, infatti, sono sostanzialmente finanziati con risorse locali.

Mediamente fra comuni del Sud e comuni del Centro-Nord c’e’ un divario di 180/290 euro di pressione tributaria.
E le prospettive non sono buone. A fronte di un taglio di ulteriori risorse deciso per il 2005, non c’e’, da parte dei municipi meridionali, ne’possibilita’ ne’ capacita’ di recuperare tutte le entrate locali. La quota dei proventi da servizi pubblici (rette e ticket) non raggiunge i 50 euro pro-capite in numerosi comuni capoluogo del Sud (tra questi: Taranto, Bari, Foggia, Benevento, Catania, Enna, Nuoro e Siracusa), mentre questo valore si triplica in una ventina di citta’ del Centro-Nord. Diversa anche l’entita’ del gap fra entrate attese ed entrate recuperate. Nella media nazionale il rapporto tra riscossioni e accertamenti di competenza dei tributi, e’ pari al 72,3%, valore che si eleva all’81% al Nord e si abbassa al 51,9% nel Mezzogiorno. Il pericolo, sottolinea il rapporto, e’ di un welfare a due velocita’.