In Emilia-Romagna, dove sono stati
attivati 14.775 corsi di formazione per 641.000 persone con
oltre 884 milioni di euro nei quattro anni 2000-03, l’ 83% dei
formati trova lavoro e lo trova nei sei mesi successivi al
corso.


E’ quanto emerge dal ‘Rapporto di valutazione di efficacia’
presentato al Comitato di sorveglianza del Programma regionale
2000-06 di formazione professionale (Obiettivo europeo 3),
formato da esponenti Ue, Regione, Province e delle parti
sociali, riunito a Bologna. Si tratta del monitoraggio
sugli effetti nel tempo della formazione compiuta nel 2001.


Il dato è in crescita: tra chi si è formato nel 2000 era l’80% a trovare lavoro. L’assessore regionale al lavoro, alla
scuola e alla formazione, Mariangela Bastico, che presiede il
Comitato, ha precisato in un incontro stampa che si tratta
soprattutto di quel lavoro ‘flessibile’ che tanta parte del
mercato ha ormai preso, ma è nel settore scelto da chi lo cerca
e viene trovato in poco tempo. Inoltre, un corso aumenta
comunque le proprie probabilità, vuoi di trovare lavoro (+16%
in media rispetto al soggetto non formato della propria
categoria, ad esempio +38% per il disoccupato e +31% per il
laureato) vuoi di incrementare il proprio reddito (+5%) per chi
ha usufruito della formazione permanente.

Finora l’Emilia-Romagna ha investito molto nei giovani fino
a 19 anni, nella formazione permanente degli occupati tra i 25 e
i 44 anni, nelle donne (sono il 59% di chi frequenta i corsi):
tra i risultati, non solo il dato della disoccupazione che resta
basso (al 3,1% nel 2003), ma in Emilia-Romagna si è anche
superato nel 2003 l’ obiettivo del 60% del tasso di occupazione
femminile fissato dall’ Unione europea per il 2010.


Un investimento apprezzato: il responsabile della Commissione
Ue nel Comitato di sorveglianza regionale, Jader Cané, ha
definito “ottimo il lavoro svolto”, sottolineando anche quel
“24% degli investimenti destinati alle azioni di sistema e di
accompagnamento, ovvero formazione dei formatori o, soprattutto,
accreditamento delle strutture di formazione: azioni che danno
benefici di lunga durata sulla qualità del sistema”. Per
Aniello Castiello del Ministero dell’ Economia “é indice di
capacità di attuazione rispetto a quanto è stato programmato”
quel dato del 70,6% di fondi impegnati (già al 44% quelli
spesi), fornito da Cristina Balboni, direttore generale cultura
e formazione della Regione Emilia-Romagna. Rosita Caputo del
Ministero del Lavoro ha inoltre apprezzato come la Regione abbia
coperto le priorità del programma, non solo con azioni di
sistema o volte a favorire l’ ingresso al lavoro, ma anche con
quelle mirate ad aumentare l’ occupazione attraverso la
permanenza al lavoro. Apprezzamenti del resto non nuovi: è del
marzo scorso il rilevante premio da 77 milioni di euro (secondo
per entità in Italia, ma primo in percentuale) che la
Commissione Ue ha assegnato all’ Emilia-Romagna dal 4% dei fondi
accantonati per incentivare le migliori attività della prima
metà del programma 200-06. E la Regione ha destinato il premio
allo stesso programma di formazione, puntando in particolare
alle azioni rivolte ai giovani, al disagio scolastico,
psico-fisico e sociale, ma anche alla formazione permanente che
é al centro dell’ultima fase del programma.


Rilevante anche il dato dei corsi per la creazione d’
impresa, pur limitato (148 corsi per 628 persone, di fronte alle
oltre 6.000 attività di formazione continua per occupati, 3.575
contro la disoccupazione o 1.100 per le donne): sopravvivono
quasi tutte le aziende nate a partire da attività di formazione
professionale, anche due o tre anni dopo la fine dei corsi. Qui
il 50% dei partecipanti aveva tra i 25 e i 30 anni, comunque
oltre la metà donne, il 25% con titolo di studio elevato, il 7%
straniero, ma fra chi dichiara di aver realizzato il proprio
progetto d’ impresa (il 22%, ovvero 16% donne e 28% uomini),
“prevalgono le persone con titolo di studio basso (sono il
36%), di età 25-35 anni, spesso già occupate al momento del
corso”.